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Autori: Pierangela Algisi
Autori: Sandra Rossi
Autori: Elena D'Alessandri
Data: 11 novembre 2008

Intervista di Sandra Rossi al soldato Pierangela Algisi e al sergente Elena D'Alessandri

Donne nell'esercito

14 e 15 novembre 2008: festeggiamenti a Lugano per gli 80 anni della Rivista militare della Svizzera italiana. Oltre alla pubblicazione di un numero speciale è previsto un seminario di storia e cultura militare imperniato sul Cantone Ticino.

La partecipazione delle donne svizzere alla difesa nazionale risale alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando il Consiglio federale emanò l'ordinanza del 3 aprile 1939 sul servizio complementare. Durante il servizio attivo 1939-1945 le donne furono impegnate principalmente in: uffici, centrali telefoniche, posti di segnalazione, posti d'avvistamento di aeroplani, ospedali militari e, quali autiste, nelle colonne per il trasporto dei feriti.

Nel 1948 l'Assemblea federale, in base all'articolo 20 bis della legge del 12 aprile 1907/22 dicembre 1938 sull'organizzazione militare e al messaggio del Consiglio federale del 12 novembre 1948, emanò il decreto concernente il Servizio Complementare Femminile (SCF).

Con l'ordinanza del 3 luglio 1985 venne istituito il Servizio Militare Femminile (SMF), attivo a partire dal 1986, e che, nel 1995 con la riforma, divenne Donne Nell'Esercito (DNE).

Due nostre colleghe, Pierangela Algisi e Elena D'Alessandri, hanno vissuto in prima persona questa trasformazione che ha comportato una sempre più attiva e allargata partecipazione delle donne alla vita militare.

Prima di tutto che cosa vi ha spinto a prestare servizio militare?

Pierangela Algisi: semplicemente il fascino della divisa. Da bambina, durante le vacanze a Aquila, vedevo passare i soldati di stanza a Olivone e li osservavo ammirata. Mi ricordo che anche la nonna paterna era attirata dalla vita militare; il resto della famiglia invece non era per niente interessato; mio fratello ha preferito svolgere il servizio civile. Dopo l'apprendistato e un anno passato a Rohr (Argovia) come ragazza alla pari, ho iniziato a lavorare per l'Amministrazione Cantonale (AC). Un giorno del 1985, sfogliando l'Illustrazione ticinese sono capitata su un articolo dedicato al SCF con tanto di tagliando d'iscrizione. L'ho letto e riletto, ho ritagliato il tagliando, l'ho compilato e firmato ma ... non l'ho spedito. Solo alcuni mesi dopo l'ho ripreso in mano e questa volta l'ho inviato. Poi tutto si è svolto abbastanza velocemente, nel giugno del 1985 sono stata convocata a Flüelen con altre quattro o cinque ticinesi per un colloquio alla fine del quale sono stata subito dichiarata abile al servizio, incorporata quale aiuto cucina e informata che in settembre avrei iniziato la scuola reclute.

Elena D'Alessandri: sono nata e cresciuta a Airolo, dove i militari erano di casa. Mi ricordo che verso i tre/quattro anni il mio gioco preferito era quello di indossare la divisa di mio padre.
Per realizzare il sogno di portare la mia uniforme però è dovuto intervenire il caso. Era il 1972, lavoravo da un paio d'anni per l'AC, quando mia sorella ha notato un volantino sul SCF negli uffici della polizia cantonale, che a quel tempo erano ubicati nello stesso edificio della Pretura di Bellinzona, dove lei era segretaria. Me ne ha portato una copia che mi sono affrettata a riempire ponendo una condizione: sarei stata disposta a essere reclutata solo se avessi sempre potuto comunicare oralmente e per iscritto nella mia madrelingua. All'inizio di febbraio del 1973 sono stata convocata a Lucerna per la giornata di reclutamento. Dopo aver passato la visita medica, vista e udito compresi, mi è stato chiesto in quale servizio mi sarebbe piaciuto essere arruolata, decisa ho risposto: autista. Siccome portavo gli occhiali questo settore mi era precluso e mi hanno invitata a fare una nuova scelta, che è caduta sull'assistenza perché sapevo che c'erano parecchie ticinesi e che la capo servizio era Ersilia Fossati. Compito della Compagnia Stato maggiore assistenza 91, nella quale sono stata incorporata, era quello di occuparsi di rifugiati e internati militari.

Come ricordate il periodo del Servizio Complementare Femminile?

Pierangela Algisi: per me l'esperienza è tutta concentrata nel mese di scuola reclute che ho assolto a Winterthur. Eravamo solo donne incorporate nei soli settori allora possibili per noi, ossia: cucina, ufficio, autiste, assistenza, sanitari e piccioni viaggiatori. Avevo scelto la cucina per occuparmi di qualcosa di diverso dal mio lavoro civile.
Unica ticinese tra svizzero tedesche ho faticato parecchio con la lingua. Le ragazze del mio gruppo si sforzavano di parlare buon tedesco con me, ma l'istruzione ogni tanto veniva fatta anche in Schwyzerdütsch. Solo una graduata mi ha chiesto cosa ci facevo lì, visto che non capivo tutto al volo, e mi ha invitata a rientrare a casa, dove sarei sicuramente stata meglio. Ho tenuto duro e alla fine sono stata incorporata nella Compagnia trasporti sanitari Cp trsp SAN L V/9, composta per metà da ticinesi.

Elena D'Alessandri: durante le tre settimane di scuola reclute a Kreuzlingen, sola ticinese con due romande e una cinquantina di svizzero tedesche, ho dovuto adattarmi a seguire tutta la formazione teorica in buon tedesco, quando andava bene, o altrimenti in dialetto. Per fortuna una camerata, figlia di emigranti ticinesi e perfettamente bilingue, ogni tanto veniva in mio soccorso traducendomi le parti più ostiche. Tutti i test però li ho passati in italiano, perché la questione della lingua d'esame l'avevo già messa ben in chiaro prima di essere incorporata. Nel mio piccolo ho sempre sostenuto che la lingua italiana dovesse essere trattata come le altre lingue nazionali, né più né meno.
Del primo corso di ripetizione, una settimana a Tesserete nel 1976, ricordo che la mia compagnia, composta da cinque o sei donne, ha lavorato con i militi del Servizio Complementare Maschile. E ... mi sembra di vedere ancora il cane, bianco e di grossa taglia, che una soldatessa si era portata al seguito, visto che non aveva trovato a chi lasciarlo in custodia.
Nel 1977 sempre a Kreuzlingen e sempre unica ticinese ho assolto la scuola di caporale e ho ottenuto i gradi. Oltre alla vita di caserma in quelle due settimane abbiamo avuto un'esperienza particolarmente significativa. Noi giovani siamo state confrontate, forse per la prima volta, con i problemi degli anziani, prestando servizio in una casa di riposo per persone non più autosufficienti. Aiutavamo i degenti ad alzarsi la mattina e a coricarsi la sera, li imboccavamo durante i pasti e li portavamo a passeggio.
L'anno seguente ho "pagato" i gradi di caporale a Romont (Friburgo). Per un mese, la mia diretta superiore, una tenente ticinese, ed io abbiamo istruito sette reclute ticinesi, che seguivano anche parte della formazione teorica con le loro colleghe confederate in francese, ma soprattutto in tedesco. Alla fine abbiamo ricevuto la visita della responsabile del SCF, brigadiere Johanna Hurni. Le abbiamo presentato un'esercitazione consistente nel costruire dal niente un campo per rifugiati e internati militari e nel preparare la loro accoglienza.
(L'ultima volta che l'esercito si era effettivamente occupato di rifugiati risaliva al 1956 quando la Svizzera aveva aperto le porte agli ungheresi che avevano lasciato il loro paese dopo l'invasione sovietica. Un centro di raccolta era stato approntato anche nella caserma di Bellinzona.)
Durante l'esercitazione le mie reclute avevano il compito di montare le tende e io quello di dare le istruzioni e le spiegazioni ... e le ho date ... in dialetto ticinese! Anni dopo Johanna Hurni si ricordava ancora della mia "performance" avendone capito l'antifona.
Alla fine degli anni Settanta ho rifiutato l'avanzamento a tenente perché ritenevo di non sapere abbastanza il tedesco.

Quali cambiamenti sono intervenuti passando al Servizio Militare Femminile?

Pierangela Algisi: ci è stata data la possibilità, che non ho colto per convinzione personale - e lo so che detto da una militare può sembrare un po' strano -, di prestare servizio con un'arma. Per il resto tutto come prima: corsi di ripetizione per sole donne, due settimane ogni due anni. I primi li ho passati a Malvaglia. Noi tre addette alla cucina ci alzavamo molto prima delle altre 25/30 per preparare la colazione, rigovernavamo e subito dovevamo occuparci del pranzo e poi della cena. Eravamo sempre in movimento, una bella differenza rispetto alla vita sedentaria d'ufficio. Lasciavamo la cucina solo per le esercitazioni con la maschera antigas o di aiuto al camerata, intervento di pronto soccorso.

Elena D'Alessandri: essenzialmente due: la possibilità di portare un'arma, una pistola, per autodifesa e quella di far parte del Tribunale militare divisione 9B. La prima non l'ho semplicemente colta, non so per quali motivi: mancanza di motivazione, dover frequentare corsi solo in tedesco oppure tenuti in periodi difficilmente conciliabili con il mio lavoro. Non è stato così per la seconda. Dal 1986 al 2001 ho seguito, quale giudice supplente, due/tre processi militari all'anno. La casistica andava dal rifiuto di prestare servizio militare, alle infrazioni compiute durante scuola reclute o corsi di ripetizione; poteva trattarsi di: furto, incidente stradale con un veicolo dell'esercito utilizzato abusivamente o essersi recati all'estero senza aver prima chiesto l'autorizzazione. Quest'esperienza mi ha insegnato molto sia a livello umano che giudiziario; ho visto all'opera i giudici: Federico Bazzi, Augusto Borioli, Mario Molo, Fernando Pedrolini, Riccardo Rondi e Franco Verda.
Nel 1992 sono stata promossa sergente; nel 1993, con la consegna dei "panni" al Monte Ceneri, finiva il mio servizio attivo.

Poi avete fatto parte di Donne Nell'Esercito ...

Pierangela Algisi: sino al 31 marzo 2001, quando sono entrata nella riserva personale fino al proscioglimento, per raggiunti limiti di età, il 31 dicembre 2005.
Durante il servizio DNE sono cambiate molte cose: i corsi di ripetizione si facevano con gli uomini, duravano tre settimane e avevano scadenza annuale. Agli ordini di una capo cucina dietista in tre o quattro ci occupavamo di nutrire una cinquantina di militi. Dovevamo smaltire le scorte di carne in scatola e pane militare sottovuoto integrandoli con prodotti freschi acquistati di giorno in giorno.
In alcune occasioni seguivamo la truppa e montavamo una cucina da campo. Cucinare all'aperto con il gas non è così evidente: bisogna prestare molta attenzione e le pietanze cuociono molto più velocemente. In queste occasioni servivamo il solito menu classico: pane militare sottovuoto, lasciato all'aria per almeno due ore prima di utilizzarlo, ricoperto da una miscela di formaggi e fritto nell'olio, piatto nutriente e calorico, accompagnato da tè caldo, nero, rosso o di frutta.
Il cioccolato nero e i biscotti secchi dovevano essere distribuiti con parsimonia, soprattutto in inverno al rientro della truppa dalle esercitazioni.
E per finire una considerazione: i soldati svizzero tedeschi si abituano a mangiare di tutto, i ticinesi invece sono più critici.

Elena D'Alessandri: come militare attiva non ho partecipato a DNE, ma come volontaria ho continuato a seguire i processi militari in qualità di giudice supplente.

Quanto tempo all'anno dedicate ancora all'esercito e in quali vesti?

Rispondiamo insieme: facciamo parte di parecchie società:
nell'Associazione Donne Nell'Esercito della Svizzera italiana Elena riveste la carica di presidente e Pierangela quella di segretaria;
siamo nel comitato di Info Team, sempre presente con uno stand alle giornate delle porte aperte organizzate durante la scuola reclute; a Lugano, in novembre del 2007, abbiamo partecipato alle giornate dell'esercito, che si tengono ogni dieci anni;
siamo inoltre socie dell'ASSU, Associazione Svizzera SottUfficiali; della Sezione Ticino dell'ASTT (Associazione Svizzera Truppe di Trasmissione) e della Sezione della Svizzera italiana di Pro Milizia.
In media una o due settimane all'anno ci mettiamo in divisa per far conoscere e pubblicizzare la carriera militare o per aiutare, quale volontarie, durante le gare d'orientamento militare e il Military Cross (ex staffetta del Gesero).
Abbiamo partecipato al Pellegrinaggio militare internazionale di Lourdes, Elena sei volte, Pierangela tre; l'ultima quest'anno (22 maggio 2008), in occasione della doppia ricorrenza: 50esimo del Pellegrinaggio militare internazionale e 150esimo dell'apparizione. È stato veramente emozionante trovarsi con militi di nazionalità, cultura e lingua diverse ma uniti in un unico scopo: condividere insieme la fede e ringraziare la Vergine Maria.
Elena ha partecipato anche al Pellegrinaggio militare di Roma, nel 1984 per l'anno Mariano e nel 2000 per il Giubileo.

Società Ticinese degli Ufficiali