«Noi chiediamo la riforma immediata del governo attuale del paese, conformemente alla volontà del popolo»: così recitava il volantino che invitava allo sciopero del 1918, tutt’oggi considerato la più grave crisi dello Stato federale. I conflitti sociali degli anni di guerra – tra imprenditori, arricchiti dalla guerra, e il ceto operaio, impoverito – sfociarono nell’astensione collettiva dal lavoro.
L’intervento militare in occasione della celebrazione per l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre, tenutasi a Zurigo, indignò la popolazione: il Comitato di Olten, presieduto da Robert Grimm, indisse uno sciopero di ventiquattr’ore per il 9 novembre. Le manifestazioni sfociarono in violenti scontri e nello zurighese l’astensione proseguì: fu allora indetto lo sciopero generale su tutto il territorio svizzero, a tempo indeterminato.
Il comitato di Olten propose un programma di rivendicazioni in 9 punti: il Consiglio federale reagì intimando il termine dello sciopero – che avvenne per paura di ulteriori conflitti – accogliendo solo due richieste: il rinnovo del Consiglio nazionale con il sistema proporzionale e la riduzione della settimana lavorativa a 48 ore.