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N1 - 2022

innovazione, s. f.

Autori: Oliver Broggini
Autori foto: Elizabeth La Rosa
Data: 09 gennaio 2023

L’innovazione in azienda: il caso della Polizia cantonale

La rivoluzione digitale sta trasformando il mondo e così il lavoro della Polizia cantonale, che lavora da anni per affrontare positivamente il cambiamento e coglierne le opportunità. «ArgomenTi» ne ha parlato con il capoprogetto Richard Bortoletto

Richard Bortoletto, ammetterà che non tutti tendono ad accostare l’idea di innovazione al lavoro della Polizia…

«In realtà l’innovazione è uno dei motori della Polizia cantonale. E non potrebbe essere altrimenti. Ma per comprendere il concetto, val forse la pena fare un passo in dietro. L’idea di innovazione è insita nel DNA dell’essere umano ed è tanto radicata da essere quasi istintiva. Innovare significa creare nuove modalità di progettazione o produzione o vendita, per ottenere nuovi prodotti, servizi o processi. Da sempre, nel soddisfare i propri bisogni, le persone cercano la soluzione che richiede il minor sforzo. Pensiamo a come venne stampato il primo libro di Gutenberg, con i caratteri mobili, e confrontiamo quella tecnologia alla velocità con la quale le stampanti rotative di oggi riproducono ampi testi; ci rendiamo conto che la somma delle innovazioni – a volte anche una singola – modificano in modo radicale la nostra società. Ogni azienda, compresa la Polizia cantonale, può dunque incanalare questo “istinto naturale”, creando condizioni adeguate affinché l’innovazione venga sostenuta, facilitata e accelerata. Questo può avvenire in primis predisponendo una struttura organizzativa appropriata, scegliendo i profili adatti e introducendo una formazione mirata. In Polizia cantonale questo sta avvenendo e i risultati sono molto incoraggianti.»

Può spiegarci qual è il focus del vostro lavoro?

«L’innovazione, spesso digitale, è pianificata e realizzata al fine di supportare le colleghe e i colleghi al fronte. Diamo particolare attenzione alla gestione dell’impatto che il cambiamento ha sul personale, facilitando così l’assimilazione dell’innovazione.»

Innovare implica per forza grandi cambiamenti e grandi investimenti?

«No, non necessariamente. Personalmente ho sempre sostenuto l’approccio dei “piccoli passi”. Con il metodo del “miglioramento continuo” è possibile introdurre piccoli e frequenti cambiamenti che sull’arco di pochi mesi possono portare a sorprendenti miglioramenti.»

Può spiegarci come funziona questo metodo?

«L’idea è di coinvolgere i proprietari del processo e chiedere loro di identificare delle “metriche” (key performance indicator) per misurare il processo di partenza. Tramite dei cicli che seguono il principio “pianifica, esegui, controlla, correggi” la collaboratrice o il collaboratore introduce piccoli miglioramenti, uno dopo l’altro. Con cadenza regolare il processo viene poi nuovamente misurato per valutare l’impatto degli interventi.»

Piccoli passi nella giusta direzione possono davvero portare lontano?

«Un buon esempio è l’eliminazione di attività ridondanti o superflue. Con una semplice centralizzazione dell’informazione, o cancellando controlli di secondo livello inefficaci, ho visto ridursi drasticamente i tempi d’esecuzione di un processo. Queste ottimizzazioni di flusso possono essere eseguite senza (quasi) interventi tecnici.»

Che peso ha l’informatica nell’innovazione?

«Un sistema complesso, come un’azienda del giorno d’oggi, non può fare a meno dell’informatica. Questo significa che è sempre più difficile ottimizzare un processo senza intervenire sul software esistente o senza integrarne di nuovo.»

Può farmi un esempio?

«Penso alla riorganizzazione della struttura normativa di una Divisione (ordini di servizio, regolamenti, manuali, …), in cui la prima parte del lavoro è legata ad analisi e design, nella quale occorre ripensare la gerarchia dei documenti in base agli obiettivi, valutare i flussi approvativi, ripensare la struttura delle informazioni nel testo, ecc. Al termine di questo sforzo, bisogna però confrontarsi anche con l’informatica per caricare il risultato finale su un portale, gestire gli accessi e assicurare la tracciabilità delle modifiche e della consultazione. Da ultimo, bisogna permettere una ricerca intelligente, per parola chiave o su tutto il testo.»

E cosa succede quando il cambiamento è davvero grande?

«In questi casi non bastano più l’iniziativa del proprietario del processo e uno sviluppo ad hoc, ma serve un progetto. Questo implica un approccio strutturato e un’organizzazione dedicata. In questi casi l’innovazione sarà inevitabilmente digitale.»

Anche qui, mi serve un esempio per capire meglio…

«La Polizia cantonale sta rivedendo il suo gestionale (programma informatico per la gestione delle pratiche ndr.). Il progetto è iniziato con la raccolta dei requisiti, un’attività chiave ma spesso sottovalutata. Poi sono venute la preparazione di un capitolato e un concorso. Per tradurre in pratica i nostri intenti, servono poi l’analisi dei flussi, la parametrizzazione del prodotto, la definizione degli output e l’integrazione dei nuovi flussi nell’organizzazione. Per realizzare tutto questo è stato aperto un progetto con risorse dedicate (e altre a supporto), dove le attività vengono coordinate centralmente e le decisioni prese secondo flussi predefiniti».

Il risultato finale sarà «vissuto» anche da chi lavora sul campo?

«Certamente! In futuro, e in parte già oggi, l’agente di polizia potrà scattare una foto direttamente sul luogo dell’intervento, aprire un “avvenimento” sul suo telefonino e inserire le prime informazioni. Una volta in ufficio, completerà queste informazioni e – attraverso flussi di lavoro standardizzati – sarà guidato a compilare verbali, rapporti e tutto quanto gli serve per gestire un incarto di polizia. Con questa soluzione non è più necessario interagire con sistemi esterni, visto che il gestionale è interfacciato – per raccogliere nominativi, salvare documenti e file multimediali – ed elimina inoltre il rischio di doppi inserimenti e altri errori umani.»

Mi sembra un’ottima notizia!

«Grazie alla digitalizzazione elimineremo i formulari cartacei, introdurremo una compilazione guidata e standardizzata, dematerializzeremo i dossier fisici e soprattutto elimineremo i trasferimenti fisici, abbattendo i tempi d’esecuzione. Dopo una fase naturale di adattamento e assimilazione a questi cambiamenti saremo pronti per la prossima innovazione… quale essa sia ancora non lo sappiamo, ma siamo sicuri che l’evoluzione continuerà!»