FARINA 321 FARINA farina di Onsernone [6]. Una farina preparata in modo simile era conosciuta pure nella vicina Vallemaggia e in alcune località del Locarnese [7] con le denominazioni di farina da cá, farina di casa (circ. Maggia), … lénta, lenta (Verscio, Brione s. Minusio), …rostida, arrostita (Verscio, Brione s.Minusio; a Sonogno anche ottenuta dalla segale), … scaldada, scaldata (Moghegno). 1.2. Nell’economia semiautarchica del passato, si consegnava al mugnaio il proprio raccolto cerealicolo, di castagne o di altri prodotti, affinché fosse macinato e trasformato in farina: ann duvǘ nè a t sgiǘ la paia dla rasèna e bòtt ala svèlta, da pudé purtè l gran al murín, ch’i éan piǘ farina da fè pan, hanno dovuto andare a togliere la paglia dalla rascanae proprio alla svelta, per poter portare il grano al mulino, perché non avevano più farina per fare pane (Quinto [8]), ul murnée … al passava na vólta ala setimana, a t sǘ ul sachétt dal carlún da masná e a lassá lí la farina e la crüsca, il mugnaio passava una volta alla settimana a ritirare il sacco del granoturco da macinare e depositava la farina e la crusca (Stabio [9]); per questa sua prestazione riceveva una molenda: ol morinèi i l pa- áamaari cor ümtant ad farina, il mugnaio lo pagavano magari con un certo quantitativo di farina (Biasca [10]). V. molín, molinée. Solitamente per il trasporto di farina si utilizzavano dei sacchi: a m rogòrd cand o rüvava dént ol Gidi giǘ a Sélme col car a dü cavall pcén de sacch da móggio de farini da pan, mi ricordo quando arrivava l’Egidio giù a Selma col carro a due cavalli pieno di sacchi da un quintale di farina da pane (Landarenca). Per ovviare al problema del deterioramento la farina era prodotta o acquistata in piccole quantità; oltre a ciò veniva conservata in un’apposita madia (v. arca, cassón) e pressata di tanto in tanto per scongiurare la proliferazione di insetti al suo interno [11]. Nonostante questi accorgimenti, spesso vi si sviluppavano i camor di farinn, le tarme delle farine (TorricellaTaverne): re farina la fa l berái, la farina fa le fila (Rivera [12]), prima da fá la pulénta, cribia la farina, che gh’é dént quai cámulen, prima di preparare la polenta, setaccia la farina, che ci sono dentro alcune larve (Mesocco [13]). 1.3. Rilevante è stato il ruolo delle farine nelle abitudini alimentari della popolazione della Svizzera italiana, sia nella preparazione di vari tipi di pane, sia in quella di svariate altre pietanze. La panificazione avveniva solitamente fra le mura domestiche o, in mancanza di un apposito forno, era affidata a panettieri di professione, ai quali si consegnava un determinato quantitativo di farina da trasformare in pane, oppure le micche d’impasto già confezionate per la sola cottura (v. pan): cun tüta la farina da carlún masnada dal murnée, i évan sémpru na mòta, dai trénta ai quaranta che l prestinée al cöséva cu n’infurnada sóla, con tutta la farina di mais macinata dal mugnaio, erano sempre un mucchio, dalle trenta alle quaranta [pagnotte] che il panettiere cuoceva in una sola infornata (Mendrisio [14]). In base alla finezza della farina utilizzata si ottenevano tipi di pane di qualità diversa: i nòss cuntadín i fann fò dala ségal dúa sòrt da farina; cula farina i fann al pan da cá, cula farina segónda, ca ga disum farinòtt, fann un pan nér ca ga disum panòtt. I pòr diáuri i mangian anca l panòtt, ma issa i üsan a ga l dá al bestiám, i nostri contadini ricavano dalla segale due tipi di farina; con la farina [di prima qualità] fanno il pane casereccio, con la farina di seconda [qualità], che chiamiamo farinòtt, fanno un pane nero che chiamiamo panòtt. I poveri diavoli mangiano anche il panòtt, ma oggigiorno usano darlo al bestiame (Brusio). Tra le pietanze a base di farina (spesso addizionata ad altri ingredienti complementari) spiccano le polente e le farinate: pulénta da farina vérda, polenta di farina di granoturco (Vergeletto), Fig. 52. Mugnaio che trasporta sacchi di farina con un asino, ca. 1925 (ASTi, Fondo fotografico Ufficio cantonale per le proiezioni luminose).
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