Centro di dialettologia e di etnografia

177 DENEDAA DENEDAA monti per la messa di Natale percorrevano il tra- gitto cantando il «Puer natus», canto tradizio- nale natalizio, un tempo molto conosciuto e oggi ormai desueto (cfr. anche l’uso dei giovani leven- tinesi di intonarlo durante le questue: v. il par. 1.7.): secondo la fantasiosa interpretazione di un anziano di Semione, il canto, inteso paretimolo- gicamente come póer natus , nato povero, sarebbe caduto in disuso dopo l’entrata in vigore, il 1 o gen- naio 1948, dell’AvS, l’assicurazione per la vec- chiaia e i superstiti, una forma di previdenza so- ciale che avrebbe estirpato la povertà e garantito a tutti un discreto benessere. L’abitudine al canto era talmente capillare da far capolino anche in luoghi e contesti molto par- ticolari: dal diario di un prigioniero rinchiuso alla fine dell’Ottocento nelle carceri di Lottigna si viene a sapere che anche in quei locali nei giorni della festività venivano suonate nenie natalizie con un organo azionato da una manovella [349]. Le canzoni religiose popolari erano molteplici e di varia provenienza, spesso lombarda o pie- montese [350], giunte nella Svizzera italiana per vie disparate, attraverso stampe, pubblicazioni specifiche, manuali e libri a carattere religioso, o grazie alla trasmissione orale o all’insegnamento scolastico: alóra el maèstro l’a dacc de imparaa la prima canzón de Natál, vist che om séra sciá vi- sín , allora il maestro ha dato da imparare la prima canzone di Natale, visto che vi eravamo vi- cini (Roveredo Grig. [351]). Un vettore privilegia- to era costituito dall’ambiente ecclesiastico: un canto diffuso a partire dagli anni della seconda guerra mondiale era stato trasmesso dalle suore di Menzingen alle ragazze ticinesi che si erano re- cate oltre San Gottardo per lavorare nelle fab- briche locali [352]; a Mendrisio una canzoncina natalizia venne insegnata alle fanciulle del borgo dai frati cappuccini del convento [353]. La maggior parte dei canti è in italiano, ma nonmancano esempi di testi dialettali o trasposti in dialetto [354], come quello attestato ad Arasio, frazione del comune di Montagnola, dal titolo Ur Netál : l’è nassüü in Betlèm ur sant Bambín, sür fén e süra paia, e frécc da pi®, ralégrat ur mè cör, ch’a l’è nassüü Ges® ... , è nato in Betlemme il san- to Bambino sul fieno e sulla paglia, e al freddo in- tenso, rallegrati mio cuore che è nato Gesù … [355]; il testo è attestato anche altrove, ma in ita- liano, ad esempio a Cavigliano e a Peglio, in pro- vincia di Como [356]. Molto diffusa era la canzone che descrive il viaggio di Giuseppe e Maria verso Betlemme: san Giüsèpp u vöö nèe vía, er Madòna la gh cór adré: «sta un pò chí verginèla María che l viacc a l’é tròpp lóngh» , S. Giuseppe vuole andare via, la Madonna lo rincorre: «sta’ qui verginella Maria che il viaggio è troppo lungo» (Brione verz. [357]), lünedí da matina bunura, san Giüsèpp al vör partí, la Madòna anca lée, in cumpagnía da san Giüsèpp: «stée un puu a cá verginèla María, non sii dégna da viagiá» , lunedì di buon’ora, S. Giu- seppe vuole partire, la Madonna anche lei, in compagnia di S. Giuseppe: «state un po’ a casa verginella Maria, non siete in grado di viaggiare» (Ligornetto, vacallo [358]). Come è già stato il caso per le filastrocche (al- cune delle quali venivano pure canticchiate, v. il par. 1.18.5.), anche per i canti non mancano esem- pi nei quali il testo originario è stato modificato in chiave ironica; così il noto canto «Dormi dormi bel Bambin» è stato trasformato nell’irriverente dòrmi, dòrmi ó bèll bambín, pién da vin fin al cu- pín, fa la nana gió n cantina, sémpru ciócch sira e matina , dormi dormi o bel bambino, pieno di vi- no fino alla nuca, fa’ la nanna giù in cantina, sempre ubriaco sera e mattina (Rovio [359]) . Con il passar del tempo la tradizione del canto religioso natalizio si è via via affievolita e oggi so- pravvive essenzialmente in riproposte di gruppi di canto popolare. Fig. 79. Prime strofe di un canto natalizio in un mano- scritto del xviii - xix secolo (Arch. aMarca, doc. n. 8738).

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