Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport
Discorso
Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport
27 settembre 2024
Intervento della Consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti in occasione della presentazione del libro di Yvonne Pesenti “Ragazze di convitto. Emigrazione femminile e convitti industriali in Svizzera”, 20 settembre 2024, Ascona
- Fa stato il discorso orale -
Gentili signore e signore,
è con piacere e interesse che sono qui, questa sera, alla presentazione del libro della signora Pesenti Salazar “Ragazze di convitto. Emigrazione femminile e convitti industriali in Svizzera”.
La signora Pesenti Salazar, con la sua ricerca, iniziata tempo fa e scaturita anche – prima che nel libro, in un documentario di Werner Weick – ha il grande pregio di far luce su anni e situazioni rimaste a lungo “coperte”, sconosciute. Ha l’importante merito di attirare l’attenzione sul difficile vissuto di donne comuni. Di dare alle loro storie un posto nella Storia, restituendo loro dignità, facendo giustizia.
Quanto vissuto dalle “ragazze di convitto” richiama alla mente altre situazioni verificatesi nel nostro Paese, di cui sono stati vittima gruppi vulnerabili. La vicenda dei bambini nomadi Jenisch portati via ai loro genitori per essere rieducati. O quella dei “bambini nascosti”, figlie e figli di lavoratori stagionali, che entravano in Svizzera da clandestini ed erano costretti a vivere nell'ombra poiché lo statuto dei loro genitori non consentiva di portare con sé familiari.
La Storia, anche quella svizzera, lo sappiamo, non è priva di macchie. Basti pensare a quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Tali macchie vanno studiate, analizzate, tematizzate, riconosciute in quanto tali. Il lavoro sul passato – l’elaborazione del passato – è un processo indispensabile, che va effettuato.
Fare i conti con la storia, mettere in evidenza i fatti, svelare la verità, anche sul fronte “femminile”, spesso negletto, è in primis cruciale nei confronti di chi le difficoltà o le ingiustizie (trattamenti degradanti o privazioni di diritti che siano), le ha subite. È però anche un passo inderogabile per noi stessi, per la società tutta, per le giovani generazioni.
Serve per guardare al presente e al futuro consci degli errori da non ripetere. Serve per dotarsi di una cultura e di strumenti, pure politici, per non permettere che situazioni simili si verifichino. Serve per affrontare la realtà con oggettività e umiltà, avendo ad esempio presente quello che c’è alla base del benessere economico odierno: anche fatiche e umiliazioni. Sebbene, nello specifico, va detto, le partenze per la fabbrica e il convitto erano spesso volontarie, anche perché “a casa” le ragazze erano confrontate a condizioni di vita dure, o volevano aiutare le loro famiglie.
Molti degli aspetti portati alla luce in “Ragazze di convitto” sono tra l’altro, in qualche modo, attuali. Le discriminazioni di genere. Le condizioni di lavoro di numerose operaie (e operai). La questione della manodopera a basso costo. Il trattamento dei e soprattutto delle migranti. La filantropia, quando non è completamente disinteressata.
“Ragazze di convitto” – lo dico nel mio ruolo di responsabile del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, tanto per la parte “educazione” che per quella “cultura” – ci fa capire quanto sia necessario favorire la conoscenza dei propri diritti in chi si trova in situazioni di vulnerabilità. Quanto sia indispensabile continuare a battersi per la promozione della dignità umana, per lo stato di diritto, per istituzioni solide e capaci di tutelare cittadini e cittadine, per la diffusione nella società di una cultura del rispetto. E quanto sia essenziale investire nello studio e nella ricerca storici, nella mediazione culturale in campo storico, così da poter guardare all’oggi e al domani con maggior consapevolezza.
Grazie davvero a Yvonne Pesenti Salazar per aver dato la giusta attenzione a un tassello importante della storia rimasto ai margini. Grazie a tutte e tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno contribuito a questa ricerca e all’evento odierno. Grazie in generale a chi la memoria, la custodisce e la promuove.