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Autori: Marco Lucchini
Autori: Emanuela Diotto
Data: 29 dicembre 2009

Intervista a Marco Lucchini, avvocato, notaio, nonché responsabile del Servizio dei ricorsi del Consiglio di Stato

Dottorando part-time

Marco Lucchini a diciotto anni dal termine dei suoi studi accademici in diritto si è rimesso in gioco e ha intrapreso una nuova sfida professionale e personale: il dottorato. Molto gentilmente ha accettato di incontrare la redazione di ArgomenTI per ripercorrere il cammino intrapreso quattro anni or sono e che sta concludendo.

Marco Lucchini, innanzitutto ci racconti brevemente di cosa tratta la sua tesi di dottorato...
Nel mio lavoro ho analizzato il problema dei piani di trasporti nel diritto svizzero confrontando alcune realtà elvetiche. Si tratta di un tema che mi interessa da quando ero capo dell'Ufficio di domande di costruzione. Allora mi ero "scontrato" più volte con la tematica e poiché sono una persona molto curiosa ho iniziato ad approfondire le mie conoscenze sull'argomento e tutto questo è poi scaturito in una ricerca di dottorato. Il mio lavoro è stato apprezzato soprattutto perché, secondo i miei esaminatori all'Università di Friborgo, si tratta di una prima a livello nazionale.

Avvocato e notaio, da diversi anni oramai è responsabile del Servizio dei ricorsi del Consiglio di Stato, ed è approdato qui dopo una serie di esperienze lavorative altrove. Cosa l'ha spinta a rientrare nel mondo accademico, intraprendendo il percorso del dottorato?
In parte è stata la voglia di completare ulteriormente la mia formazione accademica. Infatti, dopo la laurea in diritto ho sempre lasciato aperta anche la porta del dottorato, non escludendo che un giorno avrei potuto specializzarmi ulteriormente. Assecondando la mia curiosità e la voglia di approfondire un tema che mi ha sempre appassionato ho quindi imboccato la strada del dottorato. È stata anche una sfida personale, non senza sacrifici. Ritengo sia stata un'esperienza che mi ha arricchito molto sia sul profilo tecnico sia soprattutto su quello umano. Nel mio lavoro è fondamentale effettuare verifiche e approfondimenti per risolvere un problema giuridico e grazie alla ricerca di dottorato ho avuto modo di affinare il metodo di lavoro e la mia capacità di analizzare un problema dandogli un'impronta più scientifica, andando soprattutto sempre più a fondo della questione, anche se a volte non sembra necessario. Ciò permette di risolvere problemi che apparentemente sembrano irrisolvibili. A volte sembra che analizzare varie problematiche sotto altri aspetti, che non si erano magari presi in considerazione, non porti a nulla. In realtà non è così, non si tratta mai di una perdita di tempo ma di un investimento che si fa per verificare. Sicuramente l'aver svolto il dottorato di ricerca ha giovato anche all'impostazione del lavoro del mio Servizio, rendendola più performante.
Inoltre, svolgendo una ricerca di dottorato si acquisisce o si migliora pure la capacità di sintesi perché occorre saper distinguere tra gli elementi definibili come "nice to have", ma non indispensabili, da quelli veramente essenziali per argomentare e supportare il lavoro che si sta portando avanti.

Come è stato conciliare il lavoro con la formazione?
Devo ammettere che non è stato semplice. Potevo dedicarmi al dottorato la sera dopo il lavoro e durante i fine settimana e le vacanze. Dopo una giornata passata in ufficio però non avevo sempre sufficienti energie per dedicare la serata a un progetto importante e impegnativo come una ricerca di dottorato perché non avevo più la giusta concentrazione.
Oltre che per il sottoscritto è stato senza dubbio un grande sacrificio anche per mia moglie. Infatti, sono stati numerosi i momenti, che solitamente passavamo insieme, ai quali ho dovuto rinunciare per concentrami sul mio studio. Inoltre, spesso e volentieri, la coinvolgevo nelle mie riflessioni (e lei non era appassionata del tema come me)!

Cosa ha significato per lei rivestire i panni dello "studente" in qualità di dottorando?
È stato abbastanza insolito. Sono abituato a frequentare ambienti accademici in quanto insegno alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, però vivere l'esperienza nei panni di chi sta dall'altra parte della cattedra è diverso.
Ho riprovato le stesse paure e ansie provate ai tempi dell'università ad esempio quando ho dovuto sostenere la mia tesi di ricerca. L'agitazione prima di un esame non cambia mai e ho riprovato questa sensazione oramai entrata nel dimenticatoio.
Quando mi rivolgevo alla segreteria dell'università o al decanato per i funzionari non ero il quarantenne uomo in carriera e capo di un Servizio, ma ero uno dei tanti studenti universitari! Tanto più che come loro possedevo pure io la tessera studente, rilasciata dall'università. Con tutti i privilegi di cui usufruiscono i giovani universitari di tutta la Svizzera.
L'aspetto buffo è che mi sarei potuto presentare al cinema e chiedere lo sconto sul biglietto d'entrata, del quale possono usufruire gli studenti!

Svolgere questo dottorato le ha sicuramente permesso di entrare in contatto con il mondo dei ricercatori svizzeri. Cosa ne pensa della ricerca svizzera nel campo del diritto?
Nel nostro Paese il mondo della ricerca in diritto è davvero vario e molto affascinante. Ci si rende conto però che il metodo e gli strumenti di ricerca sono identici per tutti ed è sorprendente come studiosi provenienti da diverse università e da diversi Cantoni li applichino allo stesso modo in molteplici ambiti.
È singolare poi notare che molti dottori nella mia materia hanno effettuato la propria ricerca non più giovanissimi, e soprattutto dopo aver già intrapreso una carriera lavorativa da diverso tempo. Sono convinto che l'esperienza professionale crei un valore aggiunto per tutti i dottorandi svizzeri.

Cosa si attende in futuro in veste di dottore?
Per adesso mi godo la soddisfazione di aver portato a termine la mia ricerca con un bel risultato. Il problema imminente che devo affrontare è stampare e pubblicare la ricerca e poi entro la primavera prossima presentarla al pubblico, potendo poi fregiarmi solo quel momento del titolo di dottore.
Ora come ora non riesco a percepire realmente quali saranno gli effetti di questo traguardo. Può darsi che ci saranno effetti a lungo termine oppure non ce ne saranno affatto. Spero che il mio lavoro possa offrire soluzioni utili ai colleghi che si occupano della questione sul campo e che devono risolvere i problemi dal punto di vista concreto. Mi lascerò sorprendere!

Infine, che consigli si sente di dare a coloro che si apprestano a iniziare un dottorato e magari a coté svolgono anche un'attività lavorativa?
Innanzitutto non bisogna farsi scoraggiare. Non è semplice conciliare vita professionale e privata con il lavoro di ricerca. Bisogna rendersene conto sin dall'inizio. Si potranno mantenere invariate alcune abitudini, come ad esempio andare in vacanza con la propria partner o con la famiglia, occorre semplicemente fare alcuni sacrifici e riorganizzare un po' meglio il proprio tempo libero.
Al momento in cui si decide di accettare la sfida però consiglio vivamente di portarla avanti fino in fondo e non di non mollare a metà del lavoro. È davvero gratificante portare a termine una ricerca che appassiona e nella quale si crede e si investe molto.