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Autori: Alfio Martinelli
Data: 23 aprile 2009

L'insediamento medievale e i materiali recuperati. Il futuro

Il villaggio medievale di Tremona - Castello

L'Associazione ricerche archeologiche del Mendrisiotto presenta in un libro fresco di stampa un appassionante viaggio a ritroso nel tempo, che ricompone a regola d'arte un tassello importante dell'evoluzione del nostro territorio.

L'insediamento medievale e i materiali recuperati

La localizzazione dell'insediamento è stata sicuramente dettata da motivi strategici, ma anche da vantaggi microclimatici particolari offerti dalla conformazione e dalla posizione della collina. Il soleggiamento è garantito durante tutto l'arco della giornata ed è particolarmente importante durante i mesi invernali come fonte di calore e di luce. Il fianco Ovest costituisce inoltre un ottimo scudo contro le correnti d'aria da Nord che vengono deviate verso l'alto, lasciando l'insediamento perfettamente riparato anche nei momenti di forte vento, mitigando il freddo dei mesi invernali e risparmiandolo contemporaneamente dai danni provocati da venti tempestosi.
Il villaggio medievale si estende su una superficie di ca. 1500 m2 e tutti gli edifici sono serviti da un impianto stradale ben organizzato anche se fra gli edifici 8 e 5CD lo spazio permette a malapena il passaggio di una persona (fig. 15).
L'organizzazione spaziale e la pianta della parte dell'insediamento indagata, costituito da ventisette edifici che si sviluppano su file regolari da Ovest a Est seguendo la forma e la superficie del terrazzo, non mutano più dal momento della fondazione.
Gli edifici sono perlopiù di forma quadrata, suddivisi internamente in due o più ambienti (E5) con accesso separato e, salvo forse l'edificio 25, mai comunicanti.

Le strutture murarie sono costituite da una doppia cortina di bozze di dolomia brecciata cavate localmente e sporadici materiali esotici provenienti da depositi glaciali e legati con malta calce. L'edificio 2 presenta una suddivisione interna in tre vani serviti da accessi separati. Un unico edifico (5; fase 1) sembra aver avuto un piano superiore segnalato dalla presenza di scarichi per l'acqua; gli altri si limitano al solo piano-terra.
La superficie interna utile è in media di ca. 15 m2. In questo spazio limitato erano concentrati, oltre alle persone, una grossa cassa in legno, le scorte alimentari e gli utensili per le varie attività quotidiane.

I focolari, presenti nella maggior parte degli edifici non hanno una posizione ben definita ma sono distribuiti sia lungo le pareti, sia sul resto del pavimento; solo in quattro casi sono delimitati da pietre infisse a coltello nel pavimento mentre tre poggiano su lastre di pietra o mattoni senza alcuna delimitazione (fig. 16).

I tetti delle abitazioni sono, almeno per il periodo fra la seconda metà del IX sec. e la seconda metà del XIII secolo, eseguiti esclusivamente con lastre di calcare dolomitico cavate nelle immediate vicinanze del Comune di Meride, in un'area che non dista più di 800-1000 m dal sito.

Decisamente abbondante, se rapportata alla pressoché totale assenza di ceramica, la presenza di pietra ollare. In base agli orli selezionati fra i 1118 frammenti recuperati, sono stati riconosciuti 15 recipienti. I frammenti rientrano fra i talcoscisti dell'area alpina centrale; essi sono lavorati al tornio orizzontale e quasi tutti privi di rifiniture decorative per cui risulta sicura una datazione basso medievale. Solo tre frammenti presentano caratteristiche costituite da scanalature parallele orizzontali a sezione concava con funzione decorativa e possono essere riferiti all'alto medioevo. La tipologia delle forme non è molto varia e si limita a nove pentole di forma leggermente troncoconica, sei recipienti con listello e ad un unico coperchio.
Quasi tutti i frammenti presentano tracce di fumigazione da cui è deducibile l'uso per la cottura di cibi; numerosi frammenti mostrano interventi di riparazione con fili metallici e i relativi forellini passanti.
Il numero limitato di recipienti in pietra ollare e la pressoché totale assenza di vasellame in terracotta rendono plausibile l'ipotesi che questi materiali fossero sostituiti da ciotole in legno, canestri e altri contenitori in materiale vegetale per la conservazione o il consumo dei cibi.

Sono stati recuperati circa 300 frammenti di vetro caratterizzati da una grande omogeneità di forme, dimensioni e di materia prima di tipo silico-sodico-calcico, di colore verdino con piccole variazioni che possono andare dall'azzurro al giallo. Il vetro è di discreta qualità, lucido e trasparente. Un unico frammento, 2899, presenta un colore rosso scuro (fig. 17). Due frammenti di bicchieri a calice, 1536 e 1781/a, appartengono a forme quasi sconosciute fino ad oggi e offrono importanti dati per la ricostruzione di frammenti provenienti da altre zone e finora non attribuibili ad una forma definita (fig. 18). Una datazione precisa non è ancora possibile, ma la fine dell'insediamento nel XIII secolo offre un importante elemento ante quem.
Sui pavimenti in terra battuta, riferibili alle varie fasi di occupazione delle abitazioni indagate, sono stati recuperati e catalogati ca. 3000 frammenti di ossa pertinenti a varie parti dello scheletro di animali appartenenti perlopiù a mammiferi domestici quali bos, sus, ovis, vel capra.
Non manca la selvaggina con resti di cervus, capreolus, lepus, qualche resto di vulpes, meles e sono ben rappresentati i volatili fra cui gallus domesticus, colomba palumbus, tordus merula corvidi e passeriformi. Sono presenti anche resti di pesci appartenenti a ciprinidi. Numerosi frammenti presentano segni di macellazione che, stando alla tipologia dei frammenti raccolti, avveniva molto probabilmente nel villaggio.

La dieta doveva essere ben bilanciata e costituita oltre che dalla carne di bovini, ovicaprini, pollame e da un certo apporto di pesce, da cereali (frumento, segale, miglio, panico), leguminose (cece, favino, lenticchia, pisello), frutta secca (castagne, noci, nocciole) e altre specie (corniolo, uva, nespole, pere e mele selvatiche).

Il clima, che non sembra aver subito grandi mutamenti fino a pochi anni fa, l'esposizione e il substrato di dolomia e la scarsità d'acqua hanno dato vita a specie arboree frugali e resistenti a lunghi periodi di siccità. Oggi, sulla sommità e sui fianchi della collina, predominano il carpino, il frassino, l'orniello, il tiglio, l'acero campestre e la quercia. Sono però presenti, fra gli altri, il ciliegio, il sorbo, l'acero montano, il carpino bianco ed in misura minore il salice, l'olmo e il noce. Fra gli arbusti primeggia il maggiociondolo e sono ben rappresentati il nocciolo, il corniolo e il viburno.
Questi dati corrispondono a quanto presente nel periodo di vita dell'insediamento indagato. Le analisi preliminari dei resti lignei carbonizzati hanno evidenziato la presenza delle stesse essenze con particolare accento sul castagno che sembrerebbe però rappresentato in quantità maggiori rispetto ad oggi.

I reperti di ferro recuperati ci consentono di ipotizzare una comunità non tanto numerosa, dedita all'agricoltura, all'allevamento e alle attività ad esse connesse, come la filatura e la tessitura (sono numerose le fusaiole e ben rappresentati gli aghi e i punteruoli anche se mancano completamente le cesoie), alla conservazione delle derrate alimentari e alla riparazione degli utensili. Assumono particolare rilievo i frammenti di quattro tempiali rinvenuti negli edifici E3, E5b, E11, E12 (fig. 19). Essi confermano la presenza di più macchine per la tessitura in contesti di XII-XIII secolo alle quali si aggiungono un peso di telaio con passante in ferro per il fissaggio.
Sono relativamente pochi gli utensili per uso agricolo, ma è possibile che la dotazione di falci, falcetti, asce, e zappe fosse comunitaria e non proprietà delle singole famiglie. La stessa ipotesi potrebbe valere per gli utensili dell'edilizia. Sono invece numerosissime le chiavi di diverse forme e dimensioni che servivano per la chiusura di casse di diverse grandezze.
Meno numerosi, ma di ottima qualità, gli oggetti in lega di rame. Particolarmente significative le fibbiette finemente decorate e forse impiegate per la chiusura di libri (fig. 20).
Sono molte le fibbie e le fibbiette in ferro usate sia per l'abbigliamento sia per i finimenti degli animali.
Ai reperti metallici sono poi collegati gli scarti della lavorazione del ferro, dell'argento del piombo e del bronzo nonché una pietra di paragone che lasciano presagire la presenza, almeno occasionale, di artigiani specializzati.

In un insediamento come quello di Tremona-Castello non dovrebbe mancare un luogo di culto. Le possibilità di una sua localizzazione non sono molte ma, nella parte a cavallo fra il terrazzo inferiore e quello superiore, sono presenti le tracce di un edificio che, per quanto possibile osservare superficialmente, sembra orientato Est-Ovest (fig. 15, limite sup.). La sua indagine consentirà di confermare o smentire tale ipotesi.

Una frequentazione sporadica da parte di cacciatori e pastori dopo l'abbandono del sito non è da escludere, come sembrano indicare le otto frecce riferibili al XIV-XV secolo rinvenute in posizione superficiale sui fianchi della collina e all'interno dell'insediamento. La presenza militare, durante la Seconda Guerra mondiale, è testimoniata da decine di bossoli del 1939-1940.

IL FUTURO

Le indagini continuano nella parte superiore della collina con lo scopo di:

1. verificare l'ipotesi di un primo accesso sul fianco Nord della collina nella fase 1 o in precedenti fasi dell'insediamento
La parte superiore della collina presenta strutture precedenti quella/e segnalata/e dai muri riconoscibili in superficie (scavi 1991-1993). La situazione sembra quindi ideale per:
2. verificare la possibilità di collegare parte dei materiali 2000-2007 a contesti appropriati e non localizzati finora, in particolare i reperti di epoca romana e altomedievale (monete romane degli scavi 2000-2007 e ai frammenti di bicchieri e recipienti in pietra ollare riferibili genericamente al VII-VIII secolo
3. eventualmente giustificare la presenza delle sepolture infantili di VI-VIII secolo
4. verificare la natura e la funzione delle strutture emergenti che ad un primo esame sembrerebbero più estese e meglio rifinite delle 27 indagate finora
5. verificare e confermare la presenza di ceramica, indice probabile di una fascia sociale di livello superiore e restringere le datazioni già acquisite.
6. verificare la possibilità di una suddivisione dell'area insediativa in due livelli cronologicamente, socialmente e culturalmente distinti
7. verificare la funzione della struttura pseudo-quadrata presente nella parte centrale del terrazzo superiore. La particolare cura nell'esecuzione e lo spessore dei muri sembrano distinguerla dalle altre strutture indagate. Si potrebbe trattare di una torre di segnalazione di epoca romana con possibile riuso in epoca altomedievale?
8. verificare la funzione dell'edificio orientato Est-Ovest che corrisponde al punto di ritrovamento del ripostiglio monetale del 1993
9. sulla base di nuovi reperti, in particolar modo della ceramica, verificare la qualità e l'estensione delle relazioni con le aree circostanti
10. procedere ad ulteriori verifiche sul terrazzo a Nord dell'insediamento (area già indagata parzialmente nel 1991-1993) con lo scopo di individuare l'eventuale presenza di stratificazioni della prima età del Ferro e/o di altri periodi.
I primi importanti risultati di queste nuove indagini sono già più che soddisfacenti in quanto confermano senza ombra di dubbio la suddivisione dell'insediamento in due parti ben distinte separate da un muro di cinta con relativo accesso rinforzato lateralmente (fig. 21, parti in rosso).

Estratto da: Alfio Martinelli, Tremona-Castello: Dal V millennio a. C. al XIII secolo d.C., All'Insegna del Giglio, 2008
(fine)