Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

272 fALCÍn fALCiÓn senza badare agli italiani che devono pagare (Piandera); a Stabio indica più specificamente il contadino dell’alto Milanese. nell’uso plurale è impiegato come nomignolo degli abitanti di Vacallo e Vogorno. 3.2. Fauscín, pratomontano (Mesocco); – Ér falcín, pendio (Sobrio), Técc falcígn, stalla (Loco) [8]. 4. Derivati falcinétt (Lug., Ligornetto), folcinétt (Rovio), fulcinétt (Mendr.) s.m. falcetto, potatoio. folcinada (Rovio), fulcinada (Pedrinate) s.f. Colpo di roncola. 5. Composti tacafalcitt s.m.pl. Specie di fiori montani (Carasso). Deriv. di  falc con l’esito del suff. dim. -Īnu(M). – il modo di dire al par. 2.2., che presenta unicamente var. con -o- e -u- proton. anche al di fuori della loro area di normale vigore nel sost., sarà desunto dal mil. [9]. il significato gergaleggiante di ‘italiano’ risente di un pregiudizio un tempo diffuso nei confronti del relativo popolo, considerato rissoso e facilmente incline all’uso del coltello [10]. – Del comp. di Carasso, che potrebbe dipendere anche da  falcétt, rimane difficile l’identificazione del referente; nonostante il corrispondente ne segnali l’appartenenza alle Leguminose, lo stesso parrebbe più plausibilmente riconoscibile nella bardana, i cui capolini sono forniti di brattee adunche (simili a minuscoli falcetti), che si attaccano facilmente ai vestiti o al pelo degli animali. B i b l.: AiS 3.542, CheRuB. 2.146, 5.67. [1] DOSi 2.62. [2] STAnGA, Alm.Grig. 1931.104, v. anche BüChLi, Mythol. 3.823. [3] LAMPieTTi BAReLLA 132. [4] BiAnCOni, Linguaggi 165. [5] CARLOni GROPPi, Bella infinita 38. [6] LuRATi-PinAnA227-228. [7] QuADRi, Stagion 23. [8] Mat. RTT, Rn 1.481, 2.137. [9] CheRuB. 3.146, AnGiOL. 326. [10] Cfr. STeLLA-fRAnzinA, Razz. 297. Moretti falcinétt  falcín FALCIÓN (falč) s.m. falce. V a r.: falcióm(Lavizz., Cavergno, Bignasco, navegna, Verz.), falción(Anzonico, Moghegno, Loc., Malc., Corticiasca, circ. Sonvico, Stabio, Mesolc.), falciòn(Semione), falciúm(Aurigeno), falciún (Medeglia, Giubiasco, Brione s. Minusio), falscióm(Cavergno, intragna), falsción(Preonzo, Lumino, Chironico, Maggia), falzóm(Linescio), faución (Giornico, Dalpe), fulción (Stabio). 1. falce fienaia 1.1. il termine, che può riferirsi anche alla sola lama e a Menzonio al suo manico, risulta attestato con questo senso a Lumino, in Vallemaggia e nel Locarnese: al prao l’é da falcióm, il prato è da falce: è pronto per la falciatura (Peccia), a sum sciá anca mí col falcióm bégn in fir, a rüspaa sgiǘ quai cronitt, sono arrivato anche io con la falce ben affilata, a falciare qualche balza (Lavertezzo [1]), dóva o rüva mía el falcióm o s va adré a berondaa cor mèdora, dove non arriva la falce fienaia si passa a tagliare gli ultimi ciuffi con la falciola (Sonogno [2]); métt sǘ l falción süla mánia, fissare la lama al manico (Vergeletto), martelaa lu falcióm sü l’inüsna sanza vetolall o lasciall bólz, martellare la lama della falce sull’incudine senza rovinarne il filo o lasciarlo ottuso (Cavergno); taaa sǘ l falcióm, appendere la falce: smettere di falciare (Peccia); cordaa cul falscióm, suonare con la falce: batterne sonoramente la lama al fine di arrestare gli sciami di api in volo (Cavergno). – V.  falc, par. 1.1. 1.2. Locuzioni, modi di dire A Sonogno, chèla dal falcióm, quella della falce: la morte [3]. –Vèe tutt i vizzi ménu chèll da mangiaa fégh e da cagaa falciói, avere tutti i vizi tranne quello di mangiare fuoco e di cacare falci: essere incorreggibile (Cavigliano). 2. Altri strumenti da taglio 2.1. Al pari di falciòtt, indica pure a) una sorta di grossa roncola dalla lama larga e tronca di forma trapezoidale: doc. «facere daxam … cum uno falzionovel cum una securi» (Quinto 1384 [4]), «falzionumunum a buscho» (Quinto 1400 [5]), na sfira de banchétt, taièe giǘ cur falción, dür e malcòmud, una fila di panche, squadrate con la roncola, dure e scomode (novaggio [6]); la stessa era anche usata come tritapaglia; – b) il marrancio del macellaio: doc. «falzone 1 picolo da carne» (Mesocco 1503 [7]), «uno folcionode carne» (Mendrisio, fine ’500 - inizio ’600 [8]), «un falsone senza manigo overo trideta» (S. Vittore 1720 [9]), i gh taiava vía i sciampín … e co sto falción i taiava fòra tutt a tòcch, gli tagliavano via le zampe e con questa mannaia lo sezionavano tutto a pezzi (Roveredo Capr. [10]); – c) la grossa mannaia usata per tagliare il pane delle vinacce torchiate, detta a Giornico faución di vinásc: ciapa el falción e iutom a taiaa l caspi, prendi il falcione e aiutami a tagliare il mucchio di vinacce (Roveredo Grig.); – d) a Cavigliano, la mezzaluna, tipo di coltello da cucina. nella documentazione storica il «falzonum» è segnalato tra le «arma vetita» negli statuti trecenteschi di Brissago [11] e in quelli quattrocenteschi

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