Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

284 fALÒPA fALÒSTRu V a r.: s.f. falòpa (Comologno, Poschiavo), falòpe (Medeglia), folòpa(Poschiavo); – s.m. falòpa(Poschiavo). 1. nel senso di ‘errore grossolano, sproposito, stupidaggine’: a i ò fècc una falòpa, ho fatto uno sproposito (Comologno). 2. Derivati falopaa v. fallare, sbagliare il tiro, mancare la preda (Torricella-Taverne). Voce d’area it. sett. e francese, passata all’it. e ai dial. meridionali, con propagginazioni che si estendono all’iberoromanzo. Si conviene generalm. nell’identificarne l’etimo nel lat. tardo fALŭPPA(M) ‘pagliuzza, ramoscello, scheggia, truciolo, residuo’, documentato per la prima volta da una glossa mediev. del x sec. («paleas minutissimas uel surculi minuti quos faluppas vocant») e all’origine di un’ampia e variegata gamma di sviluppi semantici nelle parlate romanze [1], gravitanti attorno all’idea di ‘cosa leggera’ [2], primo fra tutti nell’italia del nord quello di ‘bozzolo del baco da seta floscio, imperfetto, avariato, di qualità scadente, a causa della morte della crisalide’, passato all’it. faloppa. La veste fon. della var. posch. folòpasi spiega per labializzazione di a dovuta all’influsso della fricativa iniziale [3] (cfr. il caso di fugógn‘favonio’ < lat. fAVōniu(M) [4]), agevolata dalla tendenza all’assimilazione delle vocali protoniche alla tonica [5]. i significati 2. e 3. rappresentano un ampliamento metonimico. il fatto che l’accezione di ‘chiacchierone, fanfarone’, insieme a quella parallela di ‘fandonia, panzana’, sia attestata diffusamente in area triveneta [6], considerando che nei secoli addietro Venezia è stata uno dei tradizionali sbocchi dell’emigrazione poschiavina, potrebbe accennare a una voce di importazione introdottasi per il tramite di emigranti locali o a seguito di contatti commerciali. il valore di ‘individuo vorace’ appare invece isolato nel panorama italorom. e si spiegherà forse per attrazione di  fala2 ‘abbattifieno’, la cui immagine potrebbe avere ispirato l’idea della voracità; cfr. tuttavia, dalla stessa base etimologica fALŭPPA(M), i deriv. m.fr. e n.fr. (fine xVi sec. - fine xViii sec.) friper ‘inghiottire avidamente, trangugiare’, vallon. friper ‘mangiare con golosità, ingordigia’, m.fr. e angioino fripon‘goloso’, angioino friponner ‘fare il goloso’ [7]. – V. anche  falòpp. B i b l.: CheRuB. 2.87, 5.81, MOnTi 74. [1] ReW 3173, SALViOni-fARé, Postille 3173, feW 3. 395, Dei 2.1589, DeLi2 557, PRATi, Vei 410, huBSChMiD, Thes.praer. 27, PRATi, etim.ven. 61, DeLT 1.1103, ReP 602, DRG 6.66. [2] CORTeLAzzO, Lessico 89. [3] Cfr. ROhLfS, Grit. 1.135. [4] ASCOLi, AGi 1.284. [5] Cfr. Mi - ChAeL, Posch. 21-22, SALViOni, Posch. 491, Scritti 1.267. [6] PRATi, etim.ven. 61, SALVADORi193, GRASSi196, AneGGi 77, TiSSOT 103, BiASeTTO 174, CROATTO 115, PiROnA 153. [7] feW 3.397. Galfetti falopaa  falòpa FALÒPP (falp) agg. floscio, molle (Poschiavo). Al riguardo il Monti osservava che «si dice di certe cose, come di cavolo, quando è molle» [1]. il termine, forse di irradiazione veneta dati i numerosi riscontri con significato affine, potrebbe rappresentare una retroformazione da falòpaa partire dal valore di ‘bozzolo del baco da seta floscio, imperfetto, avariato, di qualità scadente a causa della morte della crisalide’, ben diffuso nei dial. dell’italia settentrionale e proprio anche dell’it. faloppa: cfr. i ven. carne falòpa ‘carne flaccida’, ver. bras falòp‘braccio senza forza, fuori uso’ (Valeggio sul Mincio), ver. falòpp ‘imperfetto, malato’, trev. falòpo‘scadente, difettoso, scarto’, castagna falòpa ‘castagna vuota’ (Destra Piave), v. inoltre i lomb. falòpp ‘floscio, molle, sprovveduto’ (Pallanza), falòp‘si dice di cosa floscia e mal riuscita, imperfetta’ (Tirano) [2]. B i b l.: MOnTi 74,389. [1] MOnTi 389. [2] DuRAnTe-TuRATO 160, fOROni 184, BOnDARDO 73, BeLLÒ 70, WeTzeL-ROSSi 112, BOnAzzi, Lessico 1.278. Galfetti falós  fall1 FALÒSTRU (falštru) s.m. individuo originale, stravagante (Sobrio). L’è pròpi dumá un falòstru, è proprio un tipo strano [1]. Voce isolata e senza paralleli evidenti, che evoca tuttalpiù l’it. falotico‘stravagante, balzano’ e il fr. falot‘uomo bizzarro, stravagante’, entrambi di etimologia incerta e controversa [2], rispetto ai quali presenterebbe una diversa suffissazione. Ci si chiede però se non sia da riconoscervi piuttosto un comp. di fAC, 2a pers. sing. dell’imper. di făCeRe, e di LŭSTRu(M) ‘splendore’ [3] nel senso di ‘individuo che si distingue, che spicca’; rimarrebbe poco chiara la ragione dell’apertura della tonica in luogo dell’attesa ó[4], forse individuabile nell’attrazione esercitata dall’uscita di voci quali scilòstro‘cero pasquale’ e colòstro‘colostro’ (Giornico).

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