289 fALSÁ fALVéRA (SopraP. [12]). – Falsá la us, contraffare la voce (Poschiavo), par miga fá capí ca r’éva lǘ r’a sfalsád ra vós, per non farsi riconoscere ha contraffatto la voce (Grancia). 6. Derivati sfalsegiá (Soazza), sfauzzeisgè (Quinto) v. 1. Presentarsi in modo anomalo (Quinto). – 2. Tagliare male: delle forbici (Soazza). 1. Ricorre unicamente nel detto: se marz nu marzéisgia, la primavéra la sfauzzéisgia, se a marzo non farà il tempo instabile tipico del mese, la primavera sarà anomala. Dal lat. tardo fALSāRe‘falsificare’ [13]; le var. con fsono attestate solo nei significati di ‘alterare’ (a Morcote, par. 1.), ‘stonare’ (a Cavergno, par. 4.), ‘contraffare, falsificare’ (par. 5.) e possono essere in parte influenzate dall’it. falsare; le forme con s- invece, molto più diffuse, presentano l’esito del prefisso ex- in funzione intensiva. – Per il significato al par. 3. cfr. già in Bonvesin «zent del mondo sfalsadhae pervertia», dove l’agg. ha il senso di ‘degenerata, tralignata’ [14]. – L’espressione di Caviano u sfalza el minütt ‘[l’orologio] segna l’ora con assoluta precisione’ (par. 4.) potrebbe spiegarsi per accostamento alle locuz. sinonime dial. spacá/ taiá al minütt in mèzz ‘spaccare/ tagliare il minuto in mezzo’ e it. spaccare il minuto; un significato vicino a quelli di ‘spaccare/ tagliare’ è attestato per es. nel valtell. falsà «fare rottura in finestra, o apertura in muro» [15] (forse sviluppatosi da quello di ‘presentare un’anomalia’, illustrato al par. 2., da cui ‘interrompere una continuità’ e poi ‘rompere’); per l’evoluzione semantica v. anche, in area gallorom., fausser ‘danneggiare, traforare’ [16]. B i b l.: CheRuB. 4.200, AnGiOL. 754, MOnTi 74,266, App. 101. [1] GuzzOni, Ciciaràd 44. [2] TeTTAMAnTi, Sghiribizz 115. [3] GuzzOni, Ciciaràd 28. [4] BuSTeLLi, fiaa 71. [5] BuSTeLLi, Alura 119. [6] BRenni, Pueta 4. [7] fOnTAnA, Selee 133 e fig. [8] GALfeTTi 331. [9] BeffA273. [10] BuSTeLLi, Alura 78. [11] RySeRDeMARTA, na storia 56. [12] GiACOMeTTi 93. [13] ReW3170, SALViOni-fARé, Postille 3170, Dei 2.1590, 5.3472, nOCenTini 413; DeLT 2.2359, ReP 617-618, cfr. DeLi2 557. [14] BOnVeSin213.65, SALViOni, GSLi 8.416, Scritti 3.19, MARRi, Gloss. Bonvesin 181-182. [15]MOnTi 74, cfr. BOnAzzi, Lessico 1.279. [16] feW 3.393-394. Sofia falsari fals falscetón falcétt FALSCIÒLA (falšla) s.f. falciola, falce messoria (Lumino [1]). Deriv. di falccon l’esito del suff. dim. -(e)ŏLA(M), quando non, più probabilmente, prestito dell’it. falciola [2]. B i b l.: [1] PROnzini 56. [2] Dei 2.1586, BATTAGLiA 5.585. Moretti falsería fals FALSÉTA (falsta) s.f. 1. Parte superiore dei pantaloni o delle mutande che cinge la vita e li chiude, stringe. – 2. Polsino della camicia (Olivone). V a r.: falséta (Lug., Stabio), falzéta (Olivone, Brissago, Arosio, Lamone, Rovio, Castasegna), falzèta(Caviano, Cimadera), falzétta, felzétta(Soglio). Corrisponde al tosc. falsetta ‘la serra dei calzoni’ [1] e, insieme alla sua var. masch. falzétt, sarà da considerare un deriv. di fals [2]; il tipo lessicale falso e i suoi derivati sono infatti impiegati per designare varie parti di cucito poste sul tessuto principale, talvolta per nascondere un elemento sottostante: v. per es. a Biasca, ér falz‘orlo fatto o coperto con un nastro’ ( fals, par. 1.2.), in it. falsatura‘striscia di tessuto differente, posta come guarnizione in un abito, in una coperta, in un tendaggio’, ‘striscia di tessuto applicata all’abbottonatura per nasconderla’ [3]; v. inoltre il mil. falzètta usato per indicare sia «la cintura de’ calzoni, talvolta con coda e codino per affibbiarli dalla parte di dietro, e bottoni con ucchielli dalla parte davanti» sia, nel linguaggio settoriale della legatoria, la «striscia di carta che si salda sopra un foglio stracciato» [4]. B i b l.: CheRuB. 2.87, MOnTi 74. [1] Dei 2.1590. [2] V. DeLT 1.1104, DeeG 547. [3] BATTAGLiA5.610, Dei 2.1590. [4] CheRuB. 2.87. Sofia falsétt, falsidèi, -ificá, -inimígh, -itá, -ögna fals FALVÉRA (falvra) s.f. utensile impiegato per la lavorazione dei laveggi di pietra ollare. V a r.: falvéra (Peccia, Soazza), favléra (Peccia), felvéra(Soazza). L’attrezzo, formato da uno scalpello inserito in un grosso manico di legno, era usato per levigare esternamente il blocco di pietramontato sul tornio e per praticarvi i solchi circolari entro i quali inserire in seguito i ferri ricurvi atti a scavare il fondo dei laveggi. Secondo un informatore di Cavergno,
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