Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

261 fALC fALC e mossa lateralmente a semicerchio, mantenga la costadella lama suuna linea tangenziale all’altezza degli occhi. nella scelta della lama si bada a che presenti uno spessore uniforme lungo tutta la sua lunghezza e risulti il più possibile leggera. A seconda della lega impiegata e del grado di tempra, la lama può rivelarsi piùomenodura, confacendosi alladiversa natura delle erbe da falciare; lame dure erano preferite per lo sfalcio delle abbondanti erbe tenere cresciute su terreni ben concimati, mentre lame più malleabili risultavano maggiormente efficaci nel taglio delle erbe coriacee dei prati magri montani. Le lame dure sono più soggette alla fessurazione del tagliente, mentre esemplari realizzati con acciaio dolce, di più facile ribattitura e affilatura, sono destinati a ottundersi più rapidamente: üna buna falc l’avéss da éssar pütóst düra, la tégn méar al fil, una buona falce dovrebbe essere piuttosto dura, mantiene meglio l’affilatura (SopraP. [9]). Lunghezza, larghezza e spessore della lama sono pure elementi importanti da valutare in riferimento alla corporatura dell’utilizzatore, almodo di impiego, al tipo di erbe da falciare e alla configurazione del terreno. utile a saggiare la qualità del metallo è sentirne il suono: una falsc chi suna cumé una padèla róta la val tant cumé nogóta; na buna falsc, anca a batt puchín l’a da ciamá vin vin, una falce che risuona come una padella rotta non vale niente; una buona falce, anche a battere poco, deve far sentire vin vin: mandare un suono squillante (Brusio), üna falc düra e stila da carta, sa tü pica la punta sünt ün sasc, la fa ün sun alt e fin, una falce dura e dalla lama sottile, se ne picchi la punta contro un sasso produce un suono alto e acuto (SopraP. [10]); il frastuono prodotto battendo con un ferro sulle lame delle falci era anche ritenuto utile ad arrestare gli sciami di api in volo. essenziale per unproficuo impiegodell’attrezzo è la perfetta affilatura della lama: u crumpòu una fausc che la taia cóm un rasó, ho comperato una falce che taglia come un rasoio (Mesocco [11]). Prima dell’impiego, le lame nuove vengono spesso sottoposte a una vigorosa limatura; in seguito, per mantenerne la piena operatività, il filo della falce deve venir regolarmente assottigliato mediante martellatura sull’apposita incudine. nella variante più antica, detta «all’italiana», questa può essere a bocca larga, richiedendo l’utilizzo di unmartello a bocche strette; nell’altra forma, detta «alla tedesca» o «alla bergamasca», è invece a bocca stretta, sulla quale si batte conunmartello a bocche larghe; l’incudine è normalmente fissa, piantata nelle vicinanze dell’abitazione in un ceppo di legno o in un blocco di pietra eventualmente provvisto di un incavo da riempire condell’acqua. Lamartellatura veniva di solito eseguita personalmente, o delegata ad altri dietro modico compenso; essa va eseguita con particolare cura, tenendo sempre bagnata, eventualmente con della saliva, la lama e la bocca delmartello per evitarne il surriscaldamento e per rendere più evidente il margine assottigliato; per non rovinare il tagliente, il martello deve essere impugnato saldamentema battuto con leggerezza, quasi lasciandolo cadere unicamente sotto il proprio peso. Se mal eseguita, l’operazione può guastare la falce, rendendone ondulato il filo o intaccandolo: la falsc la vén un rasigón pléna da dént, la falce diventaun segone pienodi denti (Poschiavo [12]), t’a cusgnú ra falc cuma un’uvéta, hai ridotto la lama come una cuffia ricamata (Ludiano [13]). Si parla allora di falc spizzurlèda, merlettata (Ludiano), vanèda, venata (Olivone), garièda, cariata (Calpiogna), sassinada, assassinata (Roveredo Grig.), zizzèda, ammaccata (SopraP.), scalotada, intaccata (Brusio). Per la battitura completa, la lama viene normalmente tolta dal manico e il filo martellato sui due lati; per un ripasso più rapido, eseguito sul prato servendosi di un battifalce piantato nel terreno e appositamente munito di risalti atti a impedirneun’eccessiva penetrazione, la lama poteva rimaneremontata sul manico e l’operazione limitarsi alla sola battitura del suo lato inferiore: un gh’a miga da dismentighè l’ancún, perchè un gh’a la fausc damarlá, non dobbiamo dimenticare l’incudine, perché dobbiamo martellare la falce (Mesocco [14]). Oltre alla battitura col martello, il filo della lama può venir ravvivato stringendolo tra le ganasce di un’apposita morsa fissata a un banco da lavoro. La martellatura si rende necessaria già dopo poche ore di utilizzo, e può essere ripetuta anche più volte durante la stessa giornata. i falciatori più previdenti si premuravano perciò di portare sul prato due o più lame già ribattute in precedenza, in modo da poter effettuare rapide sostituzioni ed evitare di interrompere il lavoro: i n martléum sémpru piünda e vüna, i n martléum dó par mía stè sǘ a pèrd témp par martlè la fauc, ne martellavamo sempre più di una, ne martellavamodue per non essere su a perdere tempo amartellare la falce (Airolo [15]). Durante la falciatura, poi, la lama perde rapidamente l’affilatura necessaria, inparticolare agendo su erbe dallo stelo duro o quando capita di urtare contro pietre e detriti vari o di incontrare i mucchietti di terra sollevati da talpe o formiche: l’è na falc che in trí e trí sés le pard ol fii, è una falce che in tre e tre sei perde il filo: si ottunde velocemente (Biasca), la fauc l’é bóuzza, l’a pèrz u fí, l’é mé na zapa, la falce è smussata, ha perso il tagliente, è come una zappa (Calpiogna), a sém nacc inanz a mundá i préi, l’è un lavór da curá bén par mighi ris’ciá da ruiná subit

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