Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

360 FASSINA FASSINA lunghezza compresa tra 1,5 e 2 m. Le fascine venivano fissate verso le due estremità mediante ritorte di legno dolce o, in tempi più recenti, tramite una legatura effettuata con filo di acciaio ricotto avvolto in spolette, tenuta ferma dal grópp da fassinatt, una particolare torsione della sua estremità. Per il loro lavoro percepivano normalmente un compenso a cottimo, il cui ammontare verso la metà del Novecento era compreso tra i 20 e i 30 centesimi al pezzo, per una produzione giornaliera personale che si aggirava tra le 100 e le 150 unità [4]. A Sigirino era uso sottoporre periodicamente a tagli rasi determinate porzioni di bosco ceduo al solo scopo di ricavarne fasciname. Le fascine stesse venivano poi vendute in base alla quantità: i vénd i fassinn a nümar, tant al cént, vendono le fascine a numero, un tanto al centinaio (Sigirino). Esse servivano soprattutto per alimentare i forni dei panifici e le fornaci per la cottura dei laterizi, operazioni che necessitavano di alte temperature da raggiungere in breve tempo e della possibilità di dosare l’apporto di calore: a gh’ò vendú om car de fassinn al prestinée, ho venduto un carro di fascine al fornaio (Roveredo Grig. [5]), duu caradóo … dénn par dénn i naséva giú a Bórgh con sciá i fassinn par el prestín del Vèit, due carrettieri ogni tanto si recavano a Bellinzona con le fascine per il forno del Weit (Lumino [6]); u s coménz’a scaldái adasi …, fin che dòpo va dént i fassinn intrégh: fiamád dala malóra, è!, si comincia a scaldarli [i laterizi] adagio, fin che dopo vanno dentro le fascine intere: fiammate della malora, eh! (Bedigliora [7]). Oggigiorno la ramaglia viene generalmente ammucchiata o triturata e lasciata decomporre sul posto. 1.2. Fascine più corte e tenute assieme da un’unica legatura centrale erano invece confezionate dai privati; tipicamente venivano radunati e riposti in questomodo i rametti e i tralci ricavati dalla potatura: a Brione s.Minusio, ad es., si affastellavano unicamente i sarmenti delle viti e i ramoscelli di olmo o di acero campestre dei loro mariti tutori. La legna minuta così raccolta veniva quindi impiegata per avviare il fuoco di casa o per scaldare i piccoli forni per il pane di uso privato. Ancora nei decenni a cavallo fra Otto e Novecento piccole fascine di circa 50 cm di lunghezza e 5 o 6 kg di peso venivano vendute per uso domestico dai brusinesi sulmercatodi Lugano a dieci centesimi l’una [8]. Le fascine ottenute con le potature sono a volte menzionate nei contratti di mezzadria vigenti nel Mendrisiotto: da un lato ne era proibita la vendita da parte del conduttore [9], dall’altro esse figurano fra i tributi dovuti al proprietario [10]. Il fasciname rientrava anche fra le merci che verso la metà dell’Ottocento i questuanti del conventodi S.Maria del Bigorio si procuravano in un bosco di Sigirino [11]. Fra gli altri usi, in alcune regioni viticole un fascetto di sarmenti o di ramoscelli di salice era posto in cima alla brenta per impedire che il vino ne traboccasse durante il trasporto; fascine caricate di terra e sassi sono tuttora impiegate per l’arginatura dei corsi d’acqua e il consolidamento delle scarpate (v. il derivato fassinadaal par. 5.), mentre piùmodestamente una serie di fasci di rami poteva venir allestita al piede dei castagni per trattenerne i frutti alla loro caduta e impedire che rotolassero sul terreno altrui; nelle località rivierasche i pescatori affondavano delle fascine inprossimità delle rive, affinché i pesci vi deponessero le uova che così potevano svilupparsi al riparo dai predatori; con una fascina assicurata a una corda e fattavi saliscendere si provvedeva a una sommaria pulizia delle canne fumarie. 2. Qua e là col senso collettivo di ‘legnaminuta, fasciname’: scaldá al furn cula fassina, scaldare il forno con legna sottile (Russo), dém la fassina par faa la pairòra!, datemi la ramaglia per il falò!: esortazione con la quale i ragazzi si procuravano presso le famiglie del paese il combustibile per il fuoco di gioia da accendere in occasione delle feste solenni (Losone), om dí el té sú el falcín e l va in del bósch a taiaa fassinn, un giorno prende la roncola e va nel bosco a tagliare ramoscelli (Roveredo Grig. [12]); bósch da fassina, boscaglia di arbusti bassi (Gravesano, Meride). – In parte del Luganese ha il senso di ‘mannello di spighe, covone’ (circ. Taverne, Malc.). 3. Altri significati 3.1. ARiva S. Vitale la fassinaera un pane bianco di forma rettangolare e con i bordi rialzati, preparato nei giorni festivi. 3.2. ACama ha anche il senso di ‘persona noiosa’. 4. Paragoni, modi di dire, proverbi, indovinelli 4.1. La soméia una fassina mal ligada, sembra una fascina mal legata: è trasandata, malvestita (Caviano), fascina mal liada, donna grassa, sfatta (Gordevio); Carolina l’è una fassina disligada, Carolina è una fascina slegata: è sempre spettinata (Sigirino). 4.2. Fá n matrimòni l’è p mía comè ligá sǘ na fassina, combinare un matrimonio non è poi come legare una fascina: non è decisione da prendere alla leggera (Rovio); naa bén par ligaa sǘ i fassinn, andar bene per legare le fascine: essere senza carattere, privo di personalità (Cademario); i mérita da ligái sǘ tücc in d’una fassina, meritano di essere tutti legati nella stessa fascina: di subire

RkJQdWJsaXNoZXIy MTA1MTg=