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N1 - 2018

prospettiva

(foto Elizabeth La Rosa, SIC)

Autori: Giada Moratti
Data: 15 gennaio 2018

"Garantire la parità nel rispetto delle differenze di genere"

Intervista a Rachele Santoro, Delegata per le pari opportunità

La giovanissima neo Delegata per le Pari opportunità dell’Amministrazione cantonale, la ventisettenne Rachele Santoro, locarnese di nascita e formatasi in Svizzera romanda tra Ginevra (Bachelor in relazioni internazionali) e Losanna (Master in Public Management), rappresenta la voce fresca di un tema caldo e complesso; quello dello scardinamento del genere dall’individuo nel tentativo di una situazione di pari opportunità e equalizzazione, almeno a livello professionale.

Ha studiato in due diverse città della Svizzera francese e fatto una prima esperienza lavorativa presso il Dipartimento degli affari esteri in Confederazione, a Berna. Da qualche tempo lavora in Ticino e più precisamente per due enti pubblici, seppur diversi tra loro. Cosa l’ha portata a tornare qui?

Perché sono tornata in Ticino? La verità? Per amore… Del mio compagno, con il quale avevo una relazione a distanza da oltre tre anni, ma anche… del Ticino. Non è una novità quella che i ticinesi sono abituati a spostarsi e a vivere sempre con la valigia in mano, soprattutto durante la loro formazione. Non è una novità nemmeno il fatto che siano legati alle proprie origini e, complice l’amore appunto, ai diversi hobby qui che non ho mai abbandonato. Nel 2016, complice un’opportunità lavorativa stimolante alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI), ho potuto finalmente depositare la mia valigia.

Nel 2013 ha conseguito uno stage qui in Amministrazione cantonale proprio per le Pari opportunità. È a partire da quest’esperienza che ha iniziato ad interessarsi a queste tematiche?

Oltre alle esperienze da lei citate, nel 2014 ho svolto un altro stage presso la Sezione delle risorse umane del Cantone Ticino e sicuramente queste esperienze professionali mi hanno consentito di confrontarmi con numerose problematiche legate alla condizione di entrambi i sessi nella nostra società. Credo però di aver sviluppato l’interesse per i diritti delle donne sin da piccola, poiché ho vissuto una situazione famigliare “tradizionale” in cui la mamma si occupava dei bambini e il papà andava a lavorare e, in un certo senso, trovavo tutto ciò ingiusto. Mia mamma era medico e avrebbe potuto dedicarsi maggiormente alla propria carriera. Con ciò non voglio dire che in casa non ci si aiutava nelle faccende domestiche, ma che le condizioni lavorative dell’epoca non consentivano altri modelli di conciliazione lavoro-famiglia.

Avendo vissuto sia da studentessa che da lavoratrice le varie realtà svizzere, trova che esistano delle differenze a livello di pari opportunità?

Penso di sì, ma soprattutto per il fatto che il Ticino possiede delle caratteristiche molto specifiche. Da una parte, possiamo dire che è qualcosa di legato alla mentalità, forse più vicina all’Italia e all’idea di famiglia tradizionale, ma d’altra parte parliamo anche di fattori economici. Il Ticino è caratterizzato da tante piccole imprese, le quali, proprio per la loro taglia e organizzazione, spesso non possono permettersi di mettere in atto delle soluzioni innovative e flessibili per i propri dipendenti. Questo rende tutto più lento. Inoltre qui i salari sono più bassi e automaticamente, in proporzione, gli asili e le strutture di accoglienza costano di più. Si è quindi forse più facilmente portati a scegliere di uscire dal mercato del lavoro per accudire i bambini piuttosto che trovare altre soluzioni, più difficili da sostenere economicamente parlando.

Crede che promuovere messaggi come quello delle pari opportunità partendo da istituzioni pubbliche sia più efficace?

Ho studiato Public Management, ovvero Pubblica Amministrazione, proprio perché credo fortemente nelle politiche pubbliche e nel ruolo dello Stato per lo sviluppo della società. Lo Stato dovrebbe dare l’esempio e in quanto tale ritengo fondamentale che esso si occupi/preoccupi di tematiche come la parità. L’azione dello Stato si completa poi con quanto svolto dalle Associazioni di categoria, dai sindacati e soprattutto dalla società civile. Per me è dunque fondamentale lavorare dall’interno, ma al contempo collaborare con gli enti del territorio e le Associazioni affinché si operi assieme per il raggiungimento di obiettivi comuni. In questi quattro brevi mesi dal mio arrivo in Amministrazione ho potuto capire che, sia all’interno, sia all’esterno c’è una sensibilità crescente verso il tema della parità e l’impegno è reale. Purtroppo però, le pubbliche amministrazioni sono delle macchine enormi e i ritmi per implementare dei reali cambiamenti sono spesso lunghi. Spesso utilizzo quest’esempio: quale marito sarebbe d’accordo che la propria moglie guadagni meno di un suo collega con la stessa funzione, la stessa formazione e la stessa anzianità di servizio? Nessuno sarebbe d’accordo di principio con questa situazione. Purtroppo però la società è ancora fortemente ancorata a degli stereotipi di genere che ci portiamo di generazione in generazione, e quindi queste situazioni si verificano! I passi avanti li stiamo facendo, ma siamo ancora lungi dal concretizzare una parità di fatto tra uomo e donna.

Gennaio è sinonimo di nuovi obiettivi… lei sta già lavorando a qualche progetto particolare (oltre a quelli già esistenti, vedi https://www4.ti.ch/can/sgcds/pari-opportunita/progetti/)?

Visto che il Cantone ha recentemente sottoscritto la Carta per la parità salariale, si tratterà in primo luogo di concretizzare gli impegni presi attraverso una maggiore sensibilizzazione degli enti pubblici e parastatali sulla Legge federale sulla parità dei sessi e ad una verifica regolare della parità salariale. Inoltre, mi piacerebbe poter introdurre dei meccanismi di controllo della parità salariale nell’ambito degli acquisti pubblici e dei sussidi poiché è uno dei modi più efficaci per promuovere la parità salariale anche nel settore privato. Oltre a ciò mi piacerebbe dare un’impronta più innovativa e “social” alle pari opportunità, soprattutto per poter raggiungere e informare tutta una fascia di persone difficile da raggiungere tramite i canali “formali”.

Immagino si riferisca ai giovani…

Sicuramente il tema dei giovani è importantissimo. In questo senso ci sono già dei progetti in atto (per esempio http://www.nuovofuturo.ch/it/home/) che cercano di mostrare loro come si dovrebbero sempre fare scelte coraggiose e basate solo sulle capacità e sui desideri di ognuno, piuttosto che sulle consuetudini di genere imposte dalla società. Nel nostro Cantone, nell’ambito della formazione, la parità esiste: le donne sono almeno altrettanto formate rispetto agli uomini e spesso sono più numerose ad intraprendere degli studi universitari. Poi, però, le scelte di studio e quelle professionali sono ancora fortemente caratterizzate da una specificità di genere e dai ruoli che storicamente “sono fatti” per una e per l’altro, per cui vi sono le donne nettamente in maggioranza nei settori socio-sanitari e dell’educazione, mentre gli uomini sono maggiormente presenti negli ambiti della tecnica e dell’informatica.

Trova quindi che puntare sui giovani sia importante per smettere di pensare una volta per tutte “a cose per maschi” e “cose per femmine”, a ruoli sociali rigidi e non interscambiabili?

Parlare di pari opportunità non significa appiattire o annullare tutte le differenze di genere, ma piuttosto garantire la parità nel rispetto delle differenze di genere. È essenziale rompere gli schemi tradizionali, gettare le basi per un’educazione alla diversità, alla tolleranza, all’integrazione sociale delle minoranze, contribuire a formare una sensibilità più moderna, promuovere valori più ricchi e più vari. L’uso degli stereotipi di genere – che condizionano il nostro modo di agire e la società stessa – conduce a una percezione rigida e distorta della realtà, che si basa su ciò che noi intendiamo per “femminile” e “maschile” e su ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini. In questo senso, l’educazione ha un ruolo fondamentale e sia il contesto famigliare, sia la scuola possono fare la differenza. Essi per primi dovrebbero educare gli studenti a evitare che la disuguaglianza di genere si trasformi, negli anni, in disuguaglianza sociale, nel lavoro e nella vita.