Chiusure natalizie
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Professione
fotografa e regista
Anno di nascita
1982
Comune d'origine
Vezia
Attuale residenza
Chiasso
Ha soggiornato fuori Cantone dal
2001 al 2012
Dove
Vevey, Losanna, Olanda, Belgio, Stati Uniti (New York)
Una vita fatta di partenze, avventure e scoperte: è quella scelta da Aline d’Auria che già nel 2001, all'età di 19 anni, si è trasferita a Vevey per studiare fotografia all’Ecole supérieure d'arts appliqués. Dopo due anni si è spostata a Losanna per iscriversi alla HEAD a Ginevra (Haute Ecole d'Art et de Design) che le ha dato la possibilità di partecipare al programma Erasmus e trascorrere un semestre ad Amsterdam. Dopo gli studi si è trasferita a Bruxelles per uno stage diventato posto di lavoro, ma dopo un anno in Belgio ha fatto ritorno in Romandia. “Penso che l’idea di abbandonare tutto e partire per scoprire un nuovo angolo di mondo mi sia sempre appartenuta. Per questo non ho esitato molto a fare le valigie quando si è prospettata l’opportunità di partire per New York, nell’autunno 2011”.
Come ti sei trovata nella Grande Mela?
“Molto bene! Per chi lavora nel campo artistico New York è un sogno che si avvera. Questa città riesce a darti una carica che non ho vissuto da nessun'altra parte, un’energia ti esaurisce e ti ricarica allo stesso tempo. È un posto che prende molto ma ti dà anche molto, e in quei dodici mesi ho potuto fare molte cose diverse”.
Di che cosa ti sei occupata durante i dodici mesi trascorsi negli Stati Uniti?
“Mi sono iscritta a un corso di regia e a uno di sceneggiatura, ho realizzato due servizi televisivi per la RSI, ho portato avanti numerosi progetti personali e - più in generale - ho stretto amicizie e legami professionali con decine di persone diverse e mi sono persa, tra le strade e con me stessa. È una sensazione che mi manca molto, quella di perdermi tra le strade newyorkesi; un'esperienza che è anche un'ottima scuola di vita”.
Prima di New York avevi già vissuto ad Amsterdam, Bruxelles e Losanna: sono esperienze che ti hanno aiutato ad ambientarti più velocemente nella grande metropoli?
“Fino a un certo punto, perché nulla può prepararti a vivere in una città del genere. Là le cose vanno a mille all’ora: una buona cosa per chi (come noi) doveva trascorrervi solo un periodo limitato, qualcosa di più difficile da gestire se avessimo dovuto abitare là per cinque anni o più”.
È per questo motivo che tu e il tuo compagno siete tornati in Ticino?
“Non proprio. Era da diverso tempo che nutrivamo il desiderio di tornare a casa e la Grande Mela ha rappresentato una gustosa parentesi tra la vita a Losanna e il ritorno in Ticino. Dopo tanti anni passati in Romandia sentivamo la necessità di tornare a casa, in un ambiente in cui la famiglia e le amicizie ci danno una tranquillità di fondo che non potevamo trovare da nessun’altra parte. Se a New York correvamo, qui possiamo concederci il lusso di camminare. E visto che negli ultimi mesi siamo anche diventati genitori, la scelta si è rivelata giusta e puntuale”.
L’obiettivo è stabilirsi definitivamente in Ticino?
“Non è detto, siamo aperti a ogni genere di opportunità. L’importante è non chiudersi su noi stessi”.
In che senso?
“Io credo che non sia necessario abitare in una città da otto milioni di abitanti per ricevere i giusti stimoli e sviluppare la propria creatività. Guardiamoci intorno: abbiamo Milano a un centinaio di chilometri, Zurigo a duecento chilometri circa e Losanna ancora un po' più in là. Si tratta di tre grossi centri che ospitano mostre, fiere e atelier artistici. Io mi sono quindi ripromessa di andare sempre alla ricerca di suggestioni, di respirare nuova energia creativa nonostante le dimensioni ridotte del nostro Cantone”.
È una questione di mentalità?
“Esatto. Non ci vogliono chissà quali risorse o mezzi finanziari: le possibilità si nascondono dappertutto, bisogna solo essere pronti ad accoglierle mantenendo una certa apertura nei confronti del nuovo e dell’inatteso. Allo stesso tempo, è per me fondamentale mantenere vivi i legami e le collaborazioni con le persone che ho conosciuto durante i miei viaggi. Se non a 360 gradi, insomma, il mio scopo è quello di mantenere una visione sul mondo artistico ad almeno 180 gradi!".
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