Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Serodine

e brezza caravaggesca sulla "Regione dei laghi"

Dal 14.10.2012 al 13.01.2013

A cura di Roberto Contini e Laura Damiani Cabrini, con la collaborazione di Simona Capelli

Una luminosa meteora improvvisamente apparsa e troppo presto spentasi: così definisce l’artista Wilhelm Suida, lasciandosi ispirare dal fulmineo apparire di chi morì trentenne o poco più. Giovanni Serodine (Ascona o Roma, 1594/1600 - Roma, 1630), vanto del Ticino e di Roma nella terza decade del Seicento, è oggi saldamente noto agli specialisti quale uno dei più rilevanti interpreti della tendenza naturalistica. Ignorato dalle fonti contemporanee, Serodine venne riscoperto e rivalutato dalla critica del Novecento che, sconcertata dall’altezza sovrana delle pochissime opere accreditategli, avrebbe finalmente riservato all’asconese adeguato rango tra i capofila del Seicento. Di questo riconoscimento fu fautore soprattutto il maggior storico dell’arte italiano del secolo passato, Roberto Longhi, ai cui occhi Serodine appariva “non soltanto il più forte pittore del Canton Ticino, ma uno dei maggiori di tutto il Seicento italiano”, precursore inaspettato di Rembrandt a voler rileggere la memorabile descrizione del San Pietro in meditazione della Pinacoteca Züst

A distanza di circa vent’anni dall’ultima presentazione dell’artista a carattere monografico, è in questa occasione riunito il cospicuo nucleo di sue opere autografe presenti sul territorio ticinese, tre delle quali provenienti da Ascona. Questo nuovo omaggio a uno dei rari, sommi artisti di tutti i tempi si sostanzia inoltre di due tele da quadreria di cospicuo formato, praticamente inedite: un Cristo e i dottori e un Cristo deriso, entrambi in collezioni private. Dopo una partenza sulle orme di Caravaggio e di Borgianni, di Ribera e del mondo ruotante attorno all’atelier di Carlo Saraceni (con riferimenti all’olandese Ter Brugghen), Serodine elabora una personalissima cifra stilistica, che incorpora caratteri propri di Guercino (in mostra uno dei rarissimi ritratti dell’emiliano) e motivi ispirati ai suoi immediati predecessori tesi a indagare gli effetti dell’illuminazione artificiale. Realizzate con pennellata rapida, densa, franta, tale da precorrere gli esiti moderni degli impressionisti, appaiono poi le opere della ‘maturità’ di Serodine: creazioni di pittura pura, incandescenti, prive d’ogni artificio retorico. Poi, a stroncare un’evoluzione tale da far presupporre esiti non meno originali, l’improvviso decesso nel 1630.

La presente esposizione aspira a essere intesa quale parziale quanto attenta retrospettiva del pittore, integrata da una stringata selezione di opere di personalità a lui vicine. Della diffusione, non così scarsa nella cornice prealpina, di pitture genericamente definite ‘naturalistiche’ sono documento alcune opere, in parte inedite, di artisti di formazione romana, rivelatrici a tratti di affinità con quelle, imparagonabili, del ticinese. Intorno al capo d’opera di Orazio Gentileschi proveniente dalla Pinacoteca di Brera, quadro cardine, prima dell’avvento del Serodine, della pittura d’orientamento caravaggesco nella “Regione dei laghi”, ruota così una selezione di dipinti raccolta con attenzione (e non senza talvolta suscitarne la salvaguardia conservativa) dal territorio elvetico/lombardo/piemontese. In anticipo su Serodine ebbe a operare nel Verbano – a un medesimo livello di qualità – Tanzio da Varallo, mentre nel Ceresio si distacca la nobile e ancora misteriosa personalità del Maestro della Natività di Mendrisio. Riesce scomodo dire chi abbia potuto raccogliere il testimone dell’asconese dall’anno di grazia 1630 in giù. Il candidato più eminente è pur sempre l’olandese Matthias Stom, artista caratterizzato da una qualità graffiante, sovente scambiato con Serodine e la cui evoluzione stilistica e cronologica è ancora da chiarire.


Tutte le mostre

Allegati