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Salari minimi legali: confermata la libertà contrattuale

23.05.2014

Opinione Liberale, 23 maggio 2014

Roma locuta est. O meglio, iI popolo svizzero si è pronunciato. Con una maggioranza schiacciante (76,2% dei votanti) ha spazzato via l'iniziativa per un salario minimo, optando saggiamente per il mantenimento di un mercato del lavoro liberale e flessibile. In nessun Cantone l'iniziativa ha avuto successo. Possono tirare un sospiro di sollievo soprattutto le regioni periferiche e quei settori economici che vivono grazie ad attività legate al territorio. Penso al turismo (ristorazione e albergheria), all'agricoltura, alla selvicoltura, al piccolo artigianato con pochi dipendenti, a tutti quei servizi che non producono alto valore aggiunto, alle ditte attive nella manutenzione e pulizia degli immobili, ai coiffeurs, fioristi, pasticcerie, panetterie e via dicendo. Si tratta di operosi datori di lavoro che, nonostante i loro notevoli sacrifici, sbarcano il lunario con margini di profitto esigui: sarebbero stati colpiti duramente dall'imposizione di un salario minimo di CHF 4'000.- al mese.

Proprio in virtù del loro forte legame con il territorio, essi non avrebbero potuto delocalizzare le attività e non avrebbero avuto altra scelta, se non quella di ridurre il personale o di aumentare il prezzo dei loro servizi e prodotti, con la prospettiva di essere espulsi dal mercato a medio termine e con tutte le relative conseguenze a livello occupazionale e sociale. Nell'ottica liberale che noi difendiamo e propugniamo è incoraggiante sapere che una così consistente maggioranza popolare è contraria all'intromissione dello Stato nella definizione dei salari, riservati i casi di abusi comprovati o di richiesta delle organizzazioni coinvolte. La collaudata prassi del partenariato sociale è stata confermata, perché ha dato buona prova di sé anche nei periodi più delicati della crisi economica. Le conseguenze dell'interventismo statale e delle regole troppo rigide adottate in Stati a noi vicini, come la Francia, hanno suggerito prudenza a molti concittadini.

Scampato il pericolo, si tratta ora di rivolgere lo sguardo verso il futuro. Se infatti è legittimo rallegrarsi di questa espressione popolare di fiducia nei confronti della libertà contrattuale individuale e collettiva, occorre nondimeno intensificare gli sforzi a favore della diffusione di salari dignitosi, in particolare nel Ticino che soffre della concorrenza italiana. La piaga del dumping salariale - che i sindacati e la sinistra vorrebbero combattere con strumenti impropri e controproducenti - continua a rappresentare, anche dopo questa votazione, una sfida impegnativa per la politica. Sarebbe imperdonabile, oltre che indice di ben poca lungimiranza, sottovalutare il crescente disagio sociale in fasce non irrilevanti della nostra popolazione.

La strategia articolata dal DFE, che si avvale di provvedimenti di contrasto efficaci, conserva tutta la sua urgenza. Laura Sadis ha infatti da tempo indicato la direzione in cui occorre far convergere l'offensiva contro le fragilità e gli squilibri tipici del nostro Cantone di frontiera: il documento relativo alle 62 misure per il mercato del lavoro ticinese, frutto di un'analisi approfondita e a tutto campo, elenca con precisione che cosa occorre ancora mettere in atto, sia a livello cantonale sia a livello federale, per attenuare la pressione sui salari e combattere gli abusi. Lo stesso Consiglio federale, per troppi anni restio a potenziare le misure fiancheggiatrici nell'ambito della libera circolazione delle persone, si è finalmente ricreduto - purtroppo solo dopo il 9 febbraio di quest'anno - proponendo recentemente un pacchetto di provvedimenti, e ciò a dispetto del beato ottimismo che puntualmente traspare dagli studi della SECO, la quale non sembra conoscere bene i problemi delle regioni di frontiera.  Anche i datori di lavoro sono chiamati a fare la loro parte fino in fondo, valorizzando con i fatti le virtù del partenariato sociale e negoziando quindi contratti collettivi di lavoro con salari minimi nei settori che ne sono ancora sprovvisti. Solo così sarà possibile vincere la battaglia a favore di salari dignitosi e differenziati secondo l'età, la formazione, la regione di riferimento e le specificità settoriali.

 



 

 



 



Autori

Giovanni Merlini

Giovanni Merlini