Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Intervento pronunciato per la Giornata del Presidente

26.08.2014

Gordola, Mercato Coperto, 26 agosto 2014

   - Fa stato il discorso pronunciato –


Caro Presidente “emerito” della Confederazione, caro Flavio

Signor Presidente del Consiglio di Stato, caro Manuele

Signor Sindaco, caro Armando

Signor Presidente del Gran Consiglio, caro Gianrico

Onorevoli Colleghi e già colleghi della Deputazione

Autorità comunali

Care concittadine e concittadini,

non senza un pizzico di emozione vorrei iniziare il mio intervento ringraziandovi per la vostra numerosa e calorosa presenza, che mi rallegra particolarmente e che voglio interpretare come un segno di stima e di affetto nei miei confronti. Il mio discorso si svilupperà attorno a tre pensieri, spero senza abusare della vostra pazienza: gratitudine, impegno e necessità di ridare compostezza al dibattito politico in questo Cantone.

Gratitudine

L’occasione mi è propizia per esprimere la mia gratitudine al mio Comune e al suo Municipio, per l’organizzazione di questo ricevimento. Un grazie anche al mio partito, rappresentato dal suo presidente, per avermi concesso l’opportunità di continuare la mia attività politica – fra l’altro una prima assoluta per un gordolese come ha ricordato il Sindaco – a livello federale. Mi avete costantemente spronato e sostenuto: a voi devo l’onore e il privilegio di poter rappresentare i ticinesi nella Camera del Popolo a Berna.

Per questa regione, che amo profondamente, e per il Ticino da tre anni assieme ai miei colleghi sto lottando per spiegare alle istanze confederate le difficoltà di una periferia, minoranza linguistica e culturale situata al di là delle Alpi.

Non è il momento di entrare nel merito dei diversi dossier, in parte già evocati da chi mi ha preceduto. Mi preme però rassicurarvi che al primo posto dell’agenda politica della Deputazione ticinese campeggiano le difficoltà economiche e sociali del Ticino, confrontato a differenza di altri cantoni con la presenza a volte ingombrante della vicina Penisola, e delle conseguenze che ne derivano in termini di pressione sul mercato del lavoro ma non solo. Infatti, un altro ambito sul quale lavoriamo intensamente sono i problemi di mobilità che paralizzano una regione storicamente collocata lungo un importante asse di transito nord-sud, la cui accessibilità è condizionata dalle bizze del meteo, dalla fragilità di un sistema viario ai limiti del collasso e angustiata dalla prospettiva della chiusura per oltre tre anni del tunnel stradale che ci collega con il resto della Svizzera.

Un grazie dunque anche ai miei colleghi della Deputazione per l’ottimo clima di lavoro e di collaborazione che si è instaurato: a Marina Carobbio, Roberta Pantani, Fabio Abate, Ignazio Cassis, Filippo Lombardi, Giovanni Merlini, Lorenzo Quadri, Marco Romano e Pierre Rusconi.

Non mi stancherò di ribadire che è per me un onore rappresentare i ticinesi a Berna e che continuerò a portare avanti con entusiasmo e determinazione le mie idee e le mie convinzioni dialogando e confrontandomi con voi, ma sempre nel rispetto delle opinioni altrui.

 
Lavoro della DTI

Il mio secondo pensiero è rivolto al ruolo istituzionale che ricopriamo quali rappresentanti del Ticino sotto la Cupola federale.

Il voto del 9 febbraio ha scavato numerose trincee, interne ed esterne. Interne, tra centri urbani e il loro retroterra, tra cantoni romandi e i cantoni svizzeri tedeschi. Ma anche esterne, tra Confederazione e Unione europea. Nessuno è ancora in grado dire quali saranno le conseguenze di questo voto. Al di là delle rispettive convinzioni, credo comunque che sia giunto il momento di superare le polemiche per metterci tutti assieme alla ricerca di soluzioni praticabili, nella difficile quadratura del cerchio che ci consenta – nel rispetto della volontà popolare,  come lo impone il nostro sistema democratico – di salvare la via bilaterale che a mio avviso è imprescindibile.

Tuttavia i frontalieri, la questione economica, il dumping salariale, la viabilità, tanto per citare alcuni disagi non spiegano tutto. In Ticino, il no granitico nei confronti di ciò che viene dall’esterno, per altro reiterato anche in altre votazioni, si mescola ad un’insofferenza sempre più crescente nei confronti della classe politica cantonale e federale, ridestando dal sonno il vecchio fantasma del fossé e anche quello delle “rivendicazioni ticinesi”, che hanno agitato i rapporti con la Confederazione poco meno di un secolo fa.

Ma la storia non si ripete mai allo stesso modo: il lamento di una volta si è trasformato negli ultimi anni in uno sforzo congiunto di Deputazione ticinese e Consiglio di Stato che non si sono stancati di spiegare e rispiegare a Berna come la crescita economica del nostro Paese hanno coinciso con le pesanti ricadute economiche e sociali nel nostro cantone, e che – a differenza delle altre regioni svizzere – la libera circolazione può rappresentare anche una minaccia alla qualità di vita dei ticinesi.

Per taluni potrà sembrare quasi una provocazione, ma personalmente mi sento di poter dire che rispetto a solo un anno fa la sensibilità di Berna nei confronti del Ticino è molto migliorata, come lo testimoniano ad esempio le recenti visite dei Consiglieri federali. Ma questo da solo non basta. Se il grado di comprensione e di conoscenza dei problemi negli ultimi tempi a Berna è cambiato, bisognerà comunque che il Consiglio federale porti presto risultati concreti riguardo alcune nostre cruciali richieste, quali l’annosa questione dei frontalieri e dei cosiddetti padroncini, i ristorni, i vari dossier fiscali, le contromisure per arginare i contraccolpi della libera circolazione, i problemi viari ancora irrisolti.

Sull’altro piatto della bilancia non bisogna tuttavia dimenticare che la Confederazione ha anche dato molto al Ticino: penso all’opera del secolo AlpTransit, nella quale sono stati investiti oltre 25 miliardi (di cui una parte importante anche nel nostro Cantone) e al Gottardo, sul quale il Consiglio federale ha cambiato opinione presentando una proposta a favore del suo completamento.

L’agenda politica della Deputazione ticinese per i prossimi mesi sarà quindi carica di appuntamenti decisivi per il futuro del nostro cantone e richiederà da parte nostra un grande impegno di presenza e di preparazione sui dossier.
 
Ritrovare compostezza in politica

Il tema della violenza del linguaggio utilizzato nella politica ticinese negli ultimi tempi dovrebbe invitarci a una riflessione. Un tempo ci si indignava contro le espressioni aggressive e volgari di talune canzoni o film. A guardare bene cosa accade oggi in Ticino, il precedente linguaggio sembra roba da educande. Ultimamente assistiamo quasi impotenti, con la complicità dei riflettori mediatici, soprattutto dei social network e dei blogger, ad un’escalation dei toni e a uno smisurato utilizzo di insulti e doppi sensi, che ultimamente hanno persino subito una deriva verso le minacce pesanti. Questi toni nulla hanno a che fare – almeno per quella che è la mia concezione della politica – con il dibattito democratico e sembrano volerci riportare alle discussioni da osteria di piratesca memoria.

La politica o meglio il politico – per l’importanza che riveste dal punto di vista istituzionale, sociale e mediatico – ha una grossa responsabilità e non c’è ambito migliore in cui vale il detto: “l’esempio vien dall’alto”. Ritengo sia giunto il momento di abbassare i toni per ritrovare un minimo di compostezza prima che sia troppo tardi. Perché se è vero che chi semina vento raccoglie tempesta, allora vi è da preoccuparsi sinceramente per il futuro di questo Paese. Non da ultimo, se l’obiettivo del Ticino è quello di ottenere maggiore considerazione da Berna, che ne è della nostra immagine e della nostra credibilità oltralpe quando i Confederati vedono che il rispetto manca anzitutto tra di noi? 

Mi avvio alla conclusione.

Forse non tutti sanno che la Giornata del Presidente non inaugura l’anno presidenziale, bensì rappresenta una sorta di giro di boa. In effetti il mio mandato scadrà a fine dicembre quando cederò lo “scettro” – si fa per dire – al collega Rusconi.

Da presidente della Deputazione ma soprattutto da Consigliere nazionale continuerò comunque a lavorare al vostro servizio, al servizio del Cantone Ticino, nella speranza di ritrovare quell’unità di intenti e quel minimo di serenità che ci consenta di affrontare e risolvere i problemi per lasciare alle future generazioni un Cantone in cui è ancora bello vivere.

Il lavoro non manca dunque. E allora rimbocchiamoci tutti assieme le maniche e adoperiamoci – in modo costruttivo e nel rispetto delle inevitabili divergenze di sensibilità sui vari temi – per dare il nostro contributo per il bene del Ticino.

E’ questo il mio auspicio di cui voglio rendervi partecipi in questa occasione di festa.

Vi ringrazio per l’attenzione.