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La ricerca nella Svizzera italiana: situazione e prospettive

01.12.2006

Ticinoinforma, sessione invernale n.9

Il Ticino ha compiuto negli ultimi dieci anni uno sforzo importante per promuovere la ricerca e la formazione superiore: ma con quali risultati? Come si posiziona la nostra regione nel contesto svizzero e internazionale? Quali prospettive e sfide dovremo affrontare nei prossimi anni? Queste sono alcune delle domande cui cerco di rispondere in questo contributo.

Cosa abbiamo ottenuto?

La risposta è sotto gli occhi di tutti: all'inizio degli anni '90 la prospettiva di un Ticino della ricerca e della formazione superiore appariva lontanissima; la poca ricerca che esisteva era mantenuta da alcuni pionieri, spesso entro servizi che avevano altri mandati, in particolare nell'Amministrazione cantonale. Oggi il panorama della ricerca comprende due scuole universitarie - con circa 4'000 studenti -, un Istituto di Ricerca in Biomedicina di fama mondiale, il Centro Svizzero di Calcolo Scientifico a Manno, l'Istituto Oncologico della Svizzera Italiana e ancora altre attività di ricerca significative nella formazione professionale, la cultura e la lingua italiana, l'archeologia, la microbiologia e financo la fisica solare.
Dieci anni fa tutti i nostri studenti universitari andavano a studiare nel resto della Svizzera e, in parte, in Italia; anche se gran parte rientravano in Ticino, quelli più interessati alla ricerca restavano in università al di fuori del Cantone, impoverendo il nostro patrimonio intellettuale. Ora non soltanto una parte dei ticinesi studia in Ticino, ma soprattutto oltre 1800 studenti vengono da noi da tutto il mondo attirati dalla qualità dell'offerta formativa e dalla presenza di grandi maestri di livello di internazionale (come nel caso dell'Accademia di Architettura). Allo stesso tempo siamo in grado di attirare personale di ricerca qualificato: il 60% dei professori dell'USI proviene dall'estero, così come i 2/3 degli studenti di dottorato della Facoltà di informatica.
Siamo anche più competitivi nella ricerca: i fondi attribuiti a ricercatori nella Svizzera italiana dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica, dall'Unione Europea e dalla Commissione Tecnologia e Innovazione si sono moltiplicati per cinque negli ultimi dieci anni; l'aumento di questi "fondi competitivi" è un indicatore del miglioramento della qualità della ricerca. Infine si sono sviluppate in questo decennio competenze utili per l'economia e la società: solo per dare qualche esempio cito le decine di imprese private che collaborano con la SUPSI, la creazione di strutture comuni fra USI e SUPSI per promuovere l'imprenditorialità ed il trasferimento di tecnologia e le collaborazioni fra gli istituti bancari e l'Istituto di Finanza dell'USI. Senza dimenticare che negli ultimi 20 anni la percentuale dei giovani ticinesi che possiedono un diploma di studi superiori è raddoppiata, a tutto beneficio del mercato del lavoro.

Dove siamo?

I trionfalismi sarebbero però fuori luogo. Rispetto ai tre miliardi di franchi di spese di ricerca nel settore pubblico in Svizzera, le spese totali di ricerca in Ticino rappresentano forse il 2-3%. Allo stesso modo i nostri studenti universitari sono il 2-3% del totale svizzero e, sui fondi competitivi di ricerca, otteniamo poco meno del 2% del totale.
Per confronto la sola Università di Neuchâtel da cui provengo riceve oltre 15 mio. all'anno dal FNS, contro un totale di circa 3 mio. per il Ticino. Dati da utilizzare con cautela visto che dipendono essenzialmente dalla presenza a Neuchâtel di una Facoltà di scienze naturali.
Tuttavia in alcuni ambiti specifici la ricerca nella Svizzera italiana dispone oggi di una visibilità e reputazione internazionale. È il caso dell'Istituto di Finanza dell'USI, parte integrante dello Swiss Finance Institute. In informatica il polo costituito dalla Facoltà di Informatica dell'USI, dal Dipartimento Tecnologie Innovative della SUPSI, dall'IDSIA e dal CSCS sta affermandosi come il terzo polo svizzero dopo i due Politecnici Federali. Lo stesso vale ovviamente per l'Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), che è uno dei leader a livello internazionale nella ricerca immunologica.

Quali sono le sfide del futuro?

Sono ovviamente molte soprattutto in un contesto della ricerca molto competitivo e dove i finanziamenti disponibili crescono solo lentamente.
Ne cito però due che mi sembrano prioritarie: la definizione di profili e priorità chiari per le diverse istituzioni da un lato; l'articolazione fra la visibilità internazionale della ricerca e la funzione di servizio a livello regionale dall'altro lato. Definire priorità significa che le nostre istituzioni di ricerca, proprio per le loro dimensioni, non sono in grado di fare tutto; in particolare nei prossimi anni l'USI dovrà individuare le aree di ricerca dove profilarsi a livello internazionale e investire in modo prioritario. Alcune, come la finanza e l'informatica, sono già evidenti oggi; altre stanno progressivamente emergendo.
Profili chiari significano anche promuovere la complementarità fra le istituzioni presenti nella regione. In particolare ritengo che l'USI dovrà maggiormente orientarsi verso la ricerca di base e a lungo termine, distinguendosi così in modo più chiaro dalla SUPSI, con il suo profilo orientato verso la ricerca applicata e la risposta ai bisogni più a corto termine delle imprese private. In questa ottica mi sembra anche necessario valutare con la massima attenzione i futuri scenari di collaborazione fra l'USI e l'IRB, dato il livello scientifico e l'orientamento alla ricerca di base di questo istituto.
L'esempio dell'informatica mostra che la specializzazione è anche la base per una collaborazione efficace: la complementarità fra una Facoltà di informatica dell'USI orientata alla ricerca fondamentale e un Dipartimento di Tecnologie della SUPSI orientato verso la ricerca applicata e la formazione professionale sta conducendo a sinergie inaspettate, come nel caso del progetto di un master comune in informatica previsto per il 2007. Una migliore integrazione del CSCS nel sistema universitario ticinese riveste in quest'ottica un'importanza strategica.
Articolare visibilità internazionale e bisogni regionali significa che, da un lato, non si possono "fare sconti" sulla qualità della ricerca per esigenze regionali e che il metro della qualità è dato dalla competizione internazionale, a livello di pubblicazioni, di finanziamenti e di personale scientifico. D'altro lato significa però che nella scelta delle aree di ricerca occorre tenere conto dei bisogni e delle specificità regionali e delle potenzialità presenti sul territorio. Lo sviluppo delle ricerche sul plurilinguismo e il progetto di un futuro istituto di lingua e cultura italiana all'USI ne sono dei chiari esempi.

Post Scriptum: non ho citato un'ultima sfida perché non riguarda direttamente il mondo della ricerca, ma piuttosto la politica. Si tratta ovviamente di assicurare a questa giovane (e in parte ancora fragile) creatura che è la ricerca nella Svizzera italiana i mezzi finanziari per crescere. Non per interessi di bottega, ma perché i benefici per l'insieme del Cantone superano largamente gli investimenti richiesti.

Autori

Piero Martinoli

Piero Martinoli