Fabrizio Piazzini
Dietro le quinte dei palcoscenici più prestigiosi
Professione
fonico
Anno di nascita
1982
Comune d'origine
Bellinzona
Fuori Cantone dal
2003, in Inghilterra (Londra) e Spagna
Attuale residenza
Madrid
Fabrizio Piazzini è uno che ha sempre avuto orecchio per la musica. Una passione coltivata anche durante gli anni del liceo a Bellinzona, periodo nel quale ha mosso i primi passi nel mondo dei concerti, ma dopo aver tentato da musicista (con poco successo) ha deciso di passare dietro le quinte. Fabrizio è infatti un ingegnere del suono (o fonico di sala) che fa di tutto per garantire la migliore resa audio in occasione di un evento o di una registrazione, evidenziando la voce del cantante, il suono degli strumenti e le loro diverse dinamiche. Dopo qualche anno di lavoro in Ticino, il suo lavoro lo ha portato a Londra in un momento non certo fortunato. "Diciamo che non era sicuramente il contesto ideale: sono arrivato nella capitale inglese nel 2003, quando la discografia viveva il suo momento di massima crisi dovuta al mercato digitale e alla pirateria online. Il cambiamento è stato grande e in un certo senso ha rivoluzionato l'industria intera. E per un ragazzo di 21 anni che ambiva a lavorare per una grossa realtà musicale, la situazione non era delle più facili".
Come hai vissuto questo momento non facile?
"Adattandomi. Inizialmente volevo lavorare in uno studio di registrazione, ma con il passare del tempo ho preso sempre più contatto con la dimensione "live" dei concerti. Sono partito da dove partono tutti: dalla gavetta. Da una parte mi mantenevo facendo lavori di tutti i tipi tra cui il salumiere; dall'altra, ho iniziato a collaborare con una tra le più grandi aziende inglesi specializzate nell'organizzazione dei concerti".
Be', hai quindi trovato subito un impiego di un certo rilievo...
"Macché! I primi mesi li ho passati a scaricare e caricare camion pieni di cavi, microfoni, amplificatori, casse e console: è la prassi. Il vantaggio è però stato quello di potermi fare degli amici e conoscere molta gente, tra cui alcuni importanti manager. Il nostro mondo è molto piccolo, quindi se uno è bravo e riesce a entrare ha ottime possibilità di ottenere incarichi abbastanza importanti. È grazie a queste persone se sono riuscito a lavorare con artisti del calibro di Amy Winehouse, Gorillaz, Patrick Wolf, V V Brown e i Kula Shaker".
Quanto è stato importante per te trasferirti in una città come Londra?
"Fondamentale, direi. Si tratta di una città dalle grandissime infrastrutture che si contraddistingue per l'ottima organizzazione e una società multiculturale che mi ha dato veramente tanto. L'ambiente ideale per sviluppare le giuste conoscenze nel campo musicale".
E per quale motivo ti sei trasferito a Madrid nel 2011?
"Il primo motivo è sentimentale: la mia fidanzata è spagnola e trasferirmi dalle sue parti mi è sembrata una buona idea. Londra mi piaceva ma essendo una città grandissima, il problema è la durata degli spostamenti: qualunque sia la meta, bisogna mettere in conto un'ora di viaggio come minimo. E se in un anno si prendono anche più di 100 voli per motivi di lavoro, alla fine la cosa può diventare pesante. Qui in Spagna mi bastano invece 30 minuti per raggiungere i banchi del check in e l'aeroporto madrileno è ben collegato con il resto del mondo. In fondo l'importante è che viva in una città che mi piaccia, e che abbia buoni collegamenti aeroportuali".
Sono i tuoi impegni musicali a importi spostamenti così frequenti?
"Esatto. In questo periodo, per esempio, ho un contratto con un'azienda libanese e negli ultimi sette giorni sono stato chiamato a Beirut per dare una mano ai produttori di uno show televisivo molto popolare nel mondo arabo. Da gennaio a oggi, quindi nel giro di meno di cinque ho già preso l'aereo una cinquantina di volte".
Qual è il lavoro che ti è piaciuto più fare nei primi dieci anni della tua carriera?
"I tour! Quando le condizioni sono buone e il programma prevede molti concerti e festival ai quali partecipare, allora l'esperienza si fa molto entusiasmante. Quest'anno, per esempio, sto lavorando con la cantautrice scozzese Amy Macdonald e mi sto divertendo molto: il bus è diventato il nostro ufficio itinerante e il gruppo di lavoro (composto da una ventina di persone) è affiatato. Ogni esibizione mi regala grandi soddisfazioni, ma l'esperienza più esaltante sarà nel mese di luglio, quando approderemo in Piazza Grande a Locarno per esibirci all'interno della rassegna Moon & Stars".
Quando siete in viaggio, come si svolge una tua giornata tipo?
"I ritmi non sono leggeri e le possibilità di visitare le città in cui facciamo tappa sono molto poche. Comunque: sveglia alle otto del mattino dopo aver passato la notte in cuccetta. Bevo un caffè e intanto l'autista parcheggia nella zona di scarico dopo aver guidato per buona parte della notte. Tiriamo giù il materiale, lo montiamo e alle 12 cominciamo a fare un po' di rumore. Nel pomeriggio facciamo qualche prova, ceniamo e poi diamo il via al concerto. Non appena si spengono le luci ricarichiamo i vari camion, festeggiamo e ci dirigiamo verso la prossima città".
Quali sono i lati negativi del mestiere?
"La precarietà. La maggior parte dei contratti sono a termine e io, per esempio, prima di partecipare a questo tour ho lavorato solamente 12 giorni da gennaio e marzo. L'importante è non rimanere con le mani in mano: mentre sono a casa lavoro ai miei show, miglioro le mie doti e spero che il telefono squilli".
Quali sono le doti indispensabili per affrontare con l'atteggiamento giusto un'avventura del genere?
"Uno deve sapere ciò che vuole e fare di tutto per arrivarci. Deve ascoltare molta musica, aggiornarsi sulle tecnologie e ricercare continuamente il miglior suono possibile. Deve dimostrare tenacia e scendere a compromessi su ciò che riguarda il percorso, ma mai sul risultato. Perché è quello il biglietto da visita che ti permette di andare avanti".
In tutto questo, c'è spazio per la nostalgia del Ticino?
"Al momento provo un po' di nostalgia ma cerco di tenerla sotto controllo, sono consapevole che nel nostro cantone non riuscirei a esprimere tutto il mio potenziale. Penso che tornerò indietro più in là, verso la pensione. Per ora mi accontento di passare qualche giorno di vacanza dalle nostre parti per salutare i parenti, gli amici e riabbracciare i castelli di Bellinzona. Posso girare per il mondo intero, ma solo loro riescono a darmi una vera sensazione di casa".
(Intervista raccolta nell'aprile 2013 da Mattia Bertoldi)
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