Domande frequenti sui generici
I generici sono imitazioni di medicamenti da tempo in commercio. Si caratterizzano per lo stesso principio attivo, la stessa forma farmaceutica, la stessa modalità di somministrazione, lo stesso dosaggio e le stesse indicazioni. In altre parole, anche con i medicamenti si verifica quello che capita con i beni di consumo: se un prodotto piace ai consumatori e vende bene, allora le altre ditte cercano di copiarlo, per rosicchiare una fetta di mercato. Un generico può però essere messo in commercio solo quando è scaduta la protezione brevettuale.
Grossomodo 20 anni. Però è importante precisare che non cominciano dal giorno della messa in commercio del medicamento, bensì già dalla sintesi del principio attivo in laboratorio, ovvero da quando si scopre la molecola. Di conseguenza, una buona parte di questo periodo viene consumata per lo sviluppo del farmaco. Il tempo necessario per eseguire gli studi in vitro, sull'animale e - infine - sull'uomo è sempre più lungo, anche a causa delle esigenze giustamente sempre maggiori, tanto che oggi di questi 20 anni ne rimangono assai pochi a disposizione effettiva della ditta per vendere il medicamento senza avere concorrenti. Nel tentativo di correggere questa situazione, la Legge federale sui medicamenti protegge per 10 anni la documentazione scientifica dell'originale. In concreto chi vuole registrare un generico potrà riferirsi ai risultati degli esami farmacologici, tossicologici e clinici dell'originale solo se sono trascorsi almeno 10 anni dalla sua omologazione. Altrimenti deve rifare tutti gli studi.
Il fabbricante del generico sarebbe evidentemente libero di ripetere da capo tutti gli studi che erano stati fatti a suo tempo per sviluppare l'originale. Ma ciò non è economicamente conveniente. E soprattutto è molto discutibile dal profilo etico. Quindi la registrazione di un generico non avviene praticamente mai sulla base di tali studi, ma facendo riferimento alla documentazione tossicologica e clinica dell'originale già in commercio. Siccome la composizione e la tecnica di produzione possono influire sulla liberazione del principio attivo dalla forma galenica e, dunque, anche sull'assorbimento, bisogna però dimostrare che generico e originale sono uguali. Nella maggioranza dei casi è sufficiente eseguire un cosiddetto studio di "bioequivalenza". In concreto, si somministra una dose del generico e in seguito una dose dell'originale a 24 volontari sani e si confrontano poi le cinetiche nel sangue. Se i parametri sono sovrapponibili con una variazione massima di ± 20%, si dice che i due medicamenti sono equivalenti.
Sì. I generici sono assolutamente intercambiabili con l'originale. Ingerire una pastiglia del generico determina gli stessi effetti di una pastiglia del medicamento "di marca" e ha gli stessi effetti collaterali. Ci sono però alcune eccezioni che è bene tenere presente: per alcuni medicamenti con finestra terapeutica stretta (digossina, carbamazepina, fenitoina, ciclosporina, warfarina, levotiroxina) si raccomanda di essere molto prudenti nel passaggio dall'originale al generico - ma anche dal generico all'originale o dal generico A al generico B ! Ciò vale soprattutto per i pazienti ben stabilizzati. In questi casi, una variazione dei parametri farmacocinetici ancora compatibile con la definizione di bioequivalenza appena data (± 20%) può già avere un significato clinico e richiedere un adattamento della posologia. Medici e farmacisti conoscono bene questi casi particolari.
Inoltre bisogna considerare che alcuni medicamenti contengono coloranti, conservanti o stabilizzatori non tollerati da alcuni pazienti allergici: questi additivi possono essere di natura diversa fra medicamento originale e generico. Da questo punto di vista il generico è spesso migliore dell'originale.
No. Il grosso della spesa farmaceutica è determinato da medicamenti ancora sotto brevetto, per i quali il generico non può ancora esistere. Le fette di mercato sono grossomodo le seguenti (dati 2023, sulla base del prezzo di fabbrica):
- 53% medicamenti ancora sotto brevetto, per i quali non può ancora esistere nessun generico.
- 15% generici. Questo è il loro mercato effettivo attuale.
- 9% originali per i quali esiste almeno un generico e che potrebbero essere sostituiti. Questo è il mercato potenziale dei generici.
- 12% originali con brevetto scaduto che però non sono sostituibili, perché il generico corrispondente non esiste ancora. Questo è dunque il mercato virtuale dei generici, mercato che resta del tutto teorico fino a quanto qualcuno si mette a fabbricare il generico.
- 11% medicamenti non interessati dai generici (biologici, biosimilari e altri).
Nel 2022 l'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (cioè le casse malati) ha sostenuto spese per medicamenti pari a 8.44 miliardi di franchi.
Negli ultimi 20 anni la quota di mercato dei generici è cresciuta costantemente. Attualmente sono sostituiti con il generico circa 3 originali su 4. Se tutti gli originali venissero sostituiti con un generico ogni volta che è possibile farlo, le casse malati risparmierebbero annualmente quasi 200 milioni di franchi (dati 2023).
Normalmente i generici costano meno. In media la differenza è di circa il 27% (dati 2023). Non ci si deve però illudere che i generici siano la soluzione per "guarire" i costi dei medicamenti. Non dobbiamo infatti dimenticare che il grosso della spesa è rappresentato da medicamenti nuovi (e dunque anche piuttosto cari...), di cui i generici non esistono ancora.
Il vero interesse dei generici è invece rappresentato dal fatto che creano una concorrenza e quindi sono determinanti nel tenere stabili i prezzi, evitando quella spirale al rincaro che sarebbe invece facile ipotizzare in un regime di monopolio. È soprattutto per questa ragione che è giusto sostenere anche i generici.
Effettivamente il ricorso ai generici è una cosa buona e giusta, ma nessuno deve illudersi che sia questa la soluzione di tutti i problemi. Sarebbe più semplice concentrare gli sforzi sul piano politico e legislativo, introducendo una riduzione d'ufficio del prezzo degli originali applicata dal giorno stesso in cui scade il brevetto. Il guadagno per le casse malati sarebbe immediato, non dipenderebbe più dal comportamento di medici, farmacisti e pazienti ma soprattutto si applicherebbe anche a quei prodotti che non hanno alcun generico (cioè al mercato virtuale dei generici). La strada intrapresa dal legislatore va chiaramente in questa direzione, ma si procede molto lentamente, verosimilmente per via dei grandi interessi economici in gioco.
Ci sono anche dei casi in cui l'originale costa meno di alcuni suoi generici. Negli ospedali e nelle cliniche poi con i generici spesso non si risparmia, perché il prezzo di acquisto dei medicamenti ospedalieri viene contrattato volta per volta fra i farmacisti ospedalieri e le ditte, tenendo conto delle alternative (se arriva un generico meno caro, si chiede uno sconto ulteriore alla ditta dell'originale...).
Fra gli aspetti negativi dei generici si cita in primo luogo la ristrettezza della gamma offerta. Se per l'originale esistono solitamente forme diverse e dosaggi pediatrici, per i generici non è così: il produttore di generici si concentra sulle presentazioni che si vendono molto, quindi spesso non fabbrica supposte, fiale o gocce e dosaggi pediatrici, cioè forme comunque indispensabili per alcuni pazienti particolari.
È un argomento che si sente spesso, ma non convince. La protezione brevettuale, di cui ogni nuovo medicamento beneficia per legge, comporta un certo periodo di monopolio di mercato, che dovrebbe essere ampiamente sufficiente per ricuperare gli investimenti determinati dallo sviluppo del farmaco. In certi casi il detentore del brevetto può anche richiedere un certificato di protezione per 5 anni supplementari. Per contro si può senz'altro affermare che i generici non hanno nessun valore aggiunto sul piano medico-scientifico. Infatti solo gli originali dispongono di una valida e solida documentazione scientifica e hanno un ruolo nella formazione dei medici.
Per un medico prescrivere l'originale o uno dei suoi generici è piuttosto indifferente. Sarà però più propenso a prescrivere l'originale, perché lo ha usato per anni, quando ancora non esistevano i generici. Il farmacista con il nuovo sistema di formazione dei prezzi dei medicamenti basato sulle prestazioni ha più o meno lo stesso guadagno, sia vendendo l'originale, sia vendendo un generico. Egli ha però il diritto di sostituire il prodotto prescritto dal medico con l'analogo meno caro esistente sul mercato, a condizione che il medico non sia espressamente contrario. Se i farmacisti utilizzano a pieno questo loro diritto, le casse malati spenderanno un po' di meno. Quale incentivo e giusto riconoscimento per i farmacisti che danno questa prestazione, è stato previsto un punteggio tariffale: in concreto, il farmacista intasca la metà della differenza di prezzo fra originale e generico, però solo fino ad un tetto massimo di circa 20 franchi.
No. La LAMal dice che "il farmacista può sostituire i preparati originali della lista delle specialità con prodotti generici meno cari di questa lista, a meno che il medico non richieda espressamente la consegna di un preparato originale. Egli informa la persona che ha prescritto il medicinale circa il preparato che ha fornito". Il medico deve dunque manifestare la sua opposizione già al momento della prescrizione, ad esempio aggiungendo sulla ricetta la menzione "non sostituire". In caso contrario, il farmacista agirà autonomamente e metterà il medico di fronte al fatto compiuto.
La legge è molto chiara: solo quando esiste un vero motivo sanitario. Il medico deve dimostrarlo e documentarlo. In tutti gli altri casi non è possibile opporsi alla sostituzione con un generico e conseguentemente è illecito farlo a priori. In questo senso, i farmacisti devono ignorare tali indicazioni se sono prestampate sulla ricetta o vengono apposte sistematicamente.
Sì. Ma se la differenza di prezzo fra originale e generici è consistente il paziente dovrà prendere a suo carico una parte dei costi. Dal 1 gennaio 2024 la partecipazione ai costi è fissata al 40%.
Sicuramente. Dei medicamenti con finestra terapeutica è già stato detto prima: in questi casi la decisione spetta solo al medico, perché la sostituzione implica degli interventi clinici, o quantomeno dei controlli. Poi è problematica una pratica del genere con certi pazienti, soprattutto anziani da tempo in trattamento con il "loro" medicamento. È difficile per il farmacista far loro capire che cambia il medicamento senza però cambiare niente…
Nell'elenco delle specialità, verso la fine. C'è una lista degli originali, ordinati secondo la classe terapeutica, con a fianco i relativi generici riconosciuti dalle casse. Su questa lista ci sono anche i prezzi, per cui si vede subito quali sono i casi interessanti.
In generale in Svizzera i beni e i servizi sono del 30-47% più cari rispetto ai paesi europei (santésuisse e Interpharma, 2024). Ciononostante - e contrariamente a quanto si dice spesso - i prezzi svizzeri dei medicamenti coperti da brevetto sono praticamente in linea con quelli all'estero. Le differenze sono molto contenute e si spiegano quasi integralmente con le fluttuazioni del cambio franco/euro; a tasso di cambio costante, in Svizzera tali medicamenti costano solo il 2% in più rispetto all'estero (santésuisse e Interpharma, 2024). Anche il prezzo degli originali non più coperti dal brevetto è simile al prezzo all'estero, con una differenza media del 14%; ci sono Paesi meno cari, ma anche Paesi più cari, come ad esempio la Germania dove tali farmaci costano il 16% in più che da noi (IQUVIA, 2024).
Diverso è il discorso per quanto concerne i generici. Effettivamente nel nostro Paese questi medicamenti costano nettamente di più rispetto all'estero, ovvero circa il doppio. Infatti la media nei Paesi europei di riferimento è pari al 55% del prezzo svizzero (IQUVIA, 2024). Questa differenza è principalmente dovuta al fatto che in Svizzera per principio è obbligatorio mettere a disposizione tutti i dosaggi per adulti e tutte le grandezze di confezione che esistono per gli originali e bisogna anche coprire tutte le indicazioni per le quali l'originale è omologato. Il distributore non può cioè limitarsi a commercializzare solo gli articoli che si vendono molto, ma deve mettere sul mercato anche quelli che si vendono poco. Le deroghe a questo principio sono possibili, ma solo se sono giustificate con motivi medici, mentre gli argomenti commerciali sono inammissibili. Questa varietà ha un prezzo. Di fatto, i dosaggi di nicchia (cioè destinati a pochi pazienti) in Svizzera vengono finanziati trasversalmente dai profitti conseguiti con i dosaggi standard. All'estero questa condizione - intesa a garantire una possibilità di trattamento anche ai pazienti particolari - non esiste.