Domande frequenti
Il Lessico dialettale della Svizzera italiana copre tutto l'intervallo alfabetico, dalla a alla z; il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana ha pubblicato, a metà 2024, le voci da a a film, corrispondenti a ca. 5963 pagine.
Come mai, si chiedono in molti, il Vocabolario è solo alla lettera f? Innanzitutto va detto che le opere lessicografiche ed enciclopediche hanno in generale tempi di redazione estremamente lunghi. Le opere sorelle dedicate ai dialetti della Svizzera romanda (Glossaire des patois de la Suisse romande) e alle parlate romance (Dicziunari rumantsch grischun) sono giunte rispettivamente alla lettera j e alla lettera m.
Molto dipende naturalmente anche dalle forze disponibili; vi sono stati lunghi periodi durante i quali la redazione del Vocabolario contava non più di due persone; attualmente essa è composta da nove redattori a tempo parziale, che si dedicano però anche alle altre attività del Centro, tenendo corsi e conferenze, offrendo consulenze e collaborando con altri istituti e con le università.
Occorre inoltre considerare che le lettere dell'alfabeto non sono tutte uguali: fra di esse la c, come anche la s, sono quelle più ricche di voci; facendo un confronto con il Lessico si può dire che il Vocabolario ha percorso quasi un terzo del suo cammino, molto di più di quanto il calcolo basato sul numero delle lettere lascerebbe intendere.
A ciò si aggiunge il fatto che ormai da alcuni anni di ogni termine si tratta tutta la famiglia lessicale facendo quindi spesso, alfabeticamente, dei salti in avanti: nella voce cör 'cuore' per esempio vengono considerati anche rosegacör, strepacör, tremacör e vari altri fra derivati e composti.
È importante infine sottolineare il carattere enciclopedico del Vocabolario. Accanto alle informazioni linguistiche, paremiologiche ed etimologiche si trovano anche approfondimenti storici ed etnografici che conferiscono ad alcune trattazioni, come per esempio a quelle di alp, bósch, cá, carnevaa, castégna, e numerose altre in parte confluite nella collana Le voci, l'aspetto di vere e proprie monografie, la cui redazione, se da un lato richiede l'esame e la sintesi di molto materiale, dall'altro conferisce all'opera un grande valore.
No, la fonte principale per la redazione delle due opere è costituita dalle schede compilate nell'ambito dell'inchiesta linguistica svolta nei primi decenni del Novecento (vedi archivio cartaceo), a cui si aggiunge una grande quantità e varietà di materiali tratti da glossari dialettali, atlanti geolinguistici, opere letterarie in dialetto, documenti storici, saggi di carattere linguistico, dialettologico, etimologico, etnografico, storico e da qualsiasi altro tipo di testo edito o inedito che contenga informazioni utili per la redazione del Vocabolario e del Lessico.
Saltuariamente anche i redattori svolgono inchieste, per esempio di fronte ad attestazioni dubbie o informazioni lacunose; l'attività di inchiesta sul campo è però specificamente di competenza di Mario Vicari che per la collana Documenti orali della Svizzera italiana raccoglie testimonianze orali in dialetto nei vari paesi della regione su aspetti diversi della realtà locale.
Non è possibile rispondere a questa domanda, perché i tratti propri delle diverse parlate dialettali si intersecano e si sovrappongono.
La morfologia eterogenea del territorio della Svizzera italiana e le difficoltà di contatti fra una regione e l'altra hanno portato a una forte frammentazione linguistica, con differenze importanti fra le parlate di una stessa valle e addirittura di paesi vicini. Sfogliando il Vocabolario dei dialetti o il Lessico dialettale della Svizzera italiana si può constatare continuamente questa varietà: la parola doméniga 'domenica', per esempio, presenta ben 74 varianti di pronuncia, fogolaa 'focolare' ne ha 109.
Detto ciò si possono comunque individuare alcune aree: tradizionalmente si distingue fra i dialetti alpini, che comprendono la regione a nord del monte Ceneri e le valli Mesolcina e Calanca, caratterizzati da forte conservatività e arcaicità, i dialetti prealpini che comprendono la regione del monte Ceneri e dell'alto Luganese, e i dialetti meridionali o di pianura, vale a dire quelli del basso Luganese e del Mendrisiotto (vedi campo d'indagine).
Per ottenere il riconoscimento cantonale e stipulare un contratto di prestazione un museo, oltre a essere sufficientemente rappresentativo della regione entro cui si colloca, deve soddisfare requisiti inerenti l'assunzione di personale qualificato, la capacità di svolgere una promozione culturale attiva, la sostenibilità della gestione finanziaria, l'accessibilità dei visitatori e altro ancora.
Nel settore etnografico, considerando anche alcuni musei storico-etnografici o tematici, in Ticino si contano attualmente oltre 20 musei. Undici di questi costituiscono la rete etnografica cantonale, una soluzione adottata sulla scorta del parere della Commissione ticinese dell'Unesco che, alla fine degli anni 1970, valutando la situazione allora esistente, l'aveva preferita all'istituzione di un unico museo etnografico cantonale.