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Generici e biosimilari

Alternative efficaci, sicure ed economiche ai farmaci originali

I farmaci generici sono copie identiche di medicamenti da tempo in commercio, con lo stesso principio attivo, la stessa forma farmaceutica e lo stesso dosaggio del farmaco originale. I biosimilari, invece, sono versioni altamente simili di farmaci biologici di riferimento. Questi farmaci biologici, più recenti e innovativi rispetto ai medicamenti tradizionali, sono prodotti a partire da cellule o organismi viventi mediante biotecnologie, e vengono utilizzati soprattutto per malattie complesse come i tumori o le patologie autoimmuni.

Sia i generici che i biosimilari sono alternative interscambiabili ai farmaci originali, autorizzate solo dopo la scadenza del brevetto del preparato originale. Offrono la stessa efficacia e sicurezza, ma a un costo inferiore.

Dal 2024, anche i biosimilari possono essere sostituiti direttamente dal farmacista, come già avviene da anni con i generici, mantenendo le eccezioni debitamente motivate previste per motivi di carattere medico. Sia per generici che per biosimilari, se si sceglie di assumere il preparato originale, la partecipazione del paziente alla spesa è più elevata (40% invece del 10%).

Favorire l’uso sistematico di generici e biosimilari rappresenta una misura concreta per contenere i costi del sistema sanitario, soprattutto in vista della crescente disponibilità di biosimilari nei prossimi anni.

In questa pagina trovate risposte alle domande più frequenti, un flyer informativo e link utili per approfondire il tema.

Domande frequenti sui farmaci generici

I generici sono imitazioni di medicamenti da tempo in commercio. Si caratterizzano per lo stesso principio attivo, la stessa forma farmaceutica, la stessa modalità di somministrazione, lo stesso dosaggio e le stesse indicazioni. In altre parole, anche con i medicamenti si verifica quello che capita con i beni di consumo: se un prodotto piace ai consumatori e vende bene, allora le altre ditte cercano di copiarlo, per rosicchiare una fetta di mercato. Un generico può però essere messo in commercio solo quando è scaduta la protezione brevettuale.

Grossomodo 20 anni. Però è importante precisare che non cominciano dal giorno della messa in commercio del medicamento, bensì già dalla sintesi del principio attivo in laboratorio, ovvero da quando si scopre la molecola. Di conseguenza, una buona parte di questo periodo viene consumata per lo sviluppo del farmaco. Il tempo necessario per eseguire gli studi in vitro, sull'animale e - infine - sull'uomo è sempre più lungo, anche a causa delle esigenze giustamente sempre maggiori, tanto che oggi di questi 20 anni ne rimangono assai pochi a disposizione effettiva della ditta per vendere il medicamento senza avere concorrenti. Nel tentativo di correggere questa situazione, la Legge federale sui medicamenti protegge per 10 anni la documentazione scientifica dell'originale. In concreto chi vuole registrare un generico potrà riferirsi ai risultati degli esami farmacologici, tossicologici e clinici dell'originale solo se sono trascorsi almeno 10 anni dalla sua omologazione. Altrimenti deve rifare tutti gli studi.

Il fabbricante del generico sarebbe evidentemente libero di ripetere da capo tutti gli studi che erano stati fatti a suo tempo per sviluppare l'originale. Ma ciò non è economicamente conveniente. E soprattutto è molto discutibile dal profilo etico. Quindi la registrazione di un generico non avviene praticamente mai sulla base di tali studi, ma facendo riferimento alla documentazione tossicologica e clinica dell'originale già in commercio. Siccome la composizione e la tecnica di produzione possono influire sulla liberazione del principio attivo dalla forma galenica e, dunque, anche sull'assorbimento, bisogna però dimostrare che generico e originale sono uguali. Nella maggioranza dei casi è sufficiente eseguire un cosiddetto studio di "bioequivalenza". In concreto, si somministra una dose del generico e in seguito una dose dell'originale a 24 volontari sani e si confrontano poi le cinetiche nel sangue. Se i parametri sono sovrapponibili con una variazione massima di ± 20%, si dice che i due medicamenti sono equivalenti.

Sì. I generici sono assolutamente intercambiabili con l'originale. Ingerire una pastiglia del generico determina gli stessi effetti di una pastiglia del medicamento "di marca" e ha gli stessi effetti collaterali. Esistono addiritura dei generici che sono perfettamente identici agli originali, cambia solo l'imballaggio: si tratta dei cosiddetti medicamenti in co-marketing, fabbricati da un unico produttore ma venduti in parallelo da due o più ditte. Esistono poi gli auto generici, che sono dei generici prodotti e commercializzati dalla stessa azienda che commercializza l'originale; solitamente vengono messi in commercio con alcuni mesi di anticipo rispetto alla scadenza del brevetto, in modo tale da contrastare sul nascere l'arrivo di potenziali concorrenti.

Ci sono però alcune eccezioni che è bene tenere presente: per alcuni medicamenti con finestra terapeutica stretta (esempi: digossina, carbamazepina, fenitoina, ciclosporina, warfarina, levotiroxina) si raccomanda di essere molto prudenti nel passaggio dall'originale al generico - ma anche dal generico all'originale o dal generico A al generico B ! Ciò vale soprattutto per i pazienti ben stabilizzati. In questi casi, una variazione dei parametri farmacocinetici ancora compatibile con la definizione di bioequivalenza appena data (± 20%) può già avere un significato clinico e richiedere un adattamento della posologia. Medici e farmacisti conoscono bene questi casi particolari.
Inoltre bisogna considerare che alcuni medicamenti contengono coloranti, conservanti o stabilizzatori non tollerati da alcuni pazienti allergici: questi additivi possono essere di natura diversa fra medicamento originale e generico. Da questo punto di vista il generico è spesso migliore dell'originale.

No. Il grosso della spesa farmaceutica è determinato da medicamenti ancora sotto brevetto, per i quali il generico non può ancora esistere. Le fette di mercato sono grossomodo le seguenti (dati 2023, sulla base del prezzo di fabbrica):

  • 53% medicamenti ancora sotto brevetto, per i quali non può ancora esistere nessun generico.
  • 15% generici. Questo è il loro mercato effettivo attuale.
  • 9% originali per i quali esiste almeno un generico e che potrebbero essere sostituiti. Questo è il mercato potenziale dei generici.
  • 12% originali con brevetto scaduto che però non sono sostituibili, perché il generico corrispondente non esiste ancora. Questo è dunque il mercato virtuale dei generici, mercato che resta del tutto teorico fino a quanto qualcuno si mette a fabbricare il generico.
  • 11% medicamenti non interessati dai generici (principi attivi non brevettabili, biosimilari e altri).

Nel 2022 l'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (cioè le casse malati) ha sostenuto spese per medicamenti pari a 8.44 miliardi di franchi.

Negli ultimi 20 anni la quota di mercato dei generici è cresciuta costantemente. Attualmente sono sostituiti con il generico circa 3 scatole di originali su 4. Se tutti gli originali venissero sostituiti con un generico ogni volta che è possibile farlo, le casse malati risparmierebbero annualmente quasi 200 milioni di franchi (dati 2023).

Normalmente i generici costano meno. In media la differenza è di circa il 27% (dati 2023). Non ci si deve però illudere che i generici siano la soluzione per "guarire" i costi dei medicamenti. Non dobbiamo infatti dimenticare che il grosso della spesa è rappresentato da medicamenti nuovi (e dunque anche molto cari), di cui i generici non esistono ancora.

Il vero interesse dei generici è invece rappresentato dal fatto che creano una concorrenza e quindi sono determinanti nel tenere stabili i prezzi, evitando quella spirale al rincaro che sarebbe invece facile ipotizzare in un regime di monopolio. Inoltre ampliano l'offerta sul mercato, costituendo così un'alternativa importante all'originale in caso di problemi di approvvigionamento. È soprattutto per queste ragioni che è giusto sostenere anche i generici e creare condizioni quadro favorevoli alla loro messa in commercio.

Effettivamente il ricorso ai generici è una cosa buona e giusta, ma nessuno deve illudersi che sia questa la soluzione di tutti i problemi. Sarebbe più semplice concentrare gli sforzi sul piano politico e legislativo, introducendo una riduzione d'ufficio del prezzo degli originali applicata dal giorno stesso in cui scade il brevetto. Il guadagno per le casse malati sarebbe immediato, non dipenderebbe più dal comportamento di medici, farmacisti e pazienti ma soprattutto si applicherebbe anche a quei prodotti che non hanno alcun generico (cioè al mercato virtuale dei generici). La strada intrapresa dal legislatore va chiaramente in questa direzione, ma si procede molto lentamente, verosimilmente per via dei grandi interessi economici in gioco.

Ci sono anche dei casi in cui l'originale costa meno di alcuni suoi generici. Negli ospedali e nelle cliniche poi con i generici spesso non si risparmia, perché il prezzo di acquisto dei medicamenti ospedalieri viene contrattato volta per volta fra i farmacisti ospedalieri e le ditte, tenendo conto delle alternative (se arriva un generico meno caro, si chiede uno sconto ulteriore alla ditta dell'originale...).

Fra gli aspetti negativi dei generici si cita in primo luogo la ristrettezza della gamma offerta. Se per l'originale esistono solitamente forme diverse e dosaggi pediatrici, per i generici non è così: il produttore di generici si concentra sulle presentazioni che si vendono molto, quindi spesso non fabbrica supposte, fiale o gocce e dosaggi pediatrici, cioè forme comunque indispensabili per alcuni pazienti particolari.

È un argomento che si sente spesso, ma non convince. La protezione brevettuale, di cui ogni nuovo medicamento beneficia per legge, comporta un certo periodo di monopolio di mercato, che dovrebbe essere ampiamente sufficiente per ricuperare gli investimenti determinati dallo sviluppo del farmaco. In certi casi il detentore del brevetto può anche richiedere un certificato di protezione per 5 anni supplementari. Per contro si può senz'altro affermare che i generici non hanno nessun valore aggiunto sul piano medico-scientifico. Infatti solo gli originali dispongono di una valida e solida documentazione scientifica e hanno un ruolo nella formazione dei medici.

Per un medico prescrivere l'originale o uno dei suoi generici è piuttosto indifferente. Sarà però più propenso a prescrivere l'originale, perché lo ha usato per anni, quando ancora non esistevano i generici. Il farmacista con il sistema attuale di formazione dei prezzi dei medicamenti basato sulle prestazioni ha più o meno lo stesso guadagno, sia vendendo l'originale, sia vendendo un generico. Egli ha però il diritto di sostituire il prodotto prescritto dal medico con l'analogo meno caro esistente sul mercato, a condizione che il medico non sia espressamente contrario. Se i farmacisti utilizzano a pieno questo loro diritto, le casse malati spenderanno un po' di meno. Quale incentivo e giusto riconoscimento per i farmacisti che danno questa prestazione, è stato previsto un punteggio tariffale: in concreto, il farmacista intasca la metà della differenza di prezzo fra originale e generico, però solo fino ad un tetto massimo di circa 20 franchi ed evidentemente una tantum.

No. La LAMal dice che il farmacista può sostituire i preparati originali della lista delle specialità con prodotti generici meno cari di questa lista, a meno che il medico non richieda espressamente la consegna di un preparato originale. Egli informa la persona che ha prescritto il medicinale circa il preparato che ha fornito. Il medico deve dunque manifestare la sua opposizione già al momento della prescrizione, ad esempio aggiungendo sulla ricetta la menzione "non sostituire". In caso contrario, il farmacista agirà autonomamente e metterà il medico di fronte al fatto compiuto.

La legge è molto chiara: solo quando esiste un vero motivo sanitario. Il medico deve dimostrarlo e documentarlo. In tutti gli altri casi non è possibile opporsi alla sostituzione con un generico e conseguentemente è illecito farlo a priori. In questo senso, i farmacisti devono ignorare tali indicazioni se sono prestampate sulla ricetta o vengono apposte sistematicamente.

Sì. Ma se la differenza di prezzo fra originale e generici è consistente il paziente dovrà prendere a suo carico una parte dei costi. Dal 1 gennaio 2024 la partecipazione ai costi è fissata al 40%.

Sicuramente. Dei medicamenti con finestra terapeutica è già stato detto prima: in questi casi la decisione spetta solo al medico, perché la sostituzione implica degli interventi clinici, o quantomeno dei controlli. Poi è problematica una pratica del genere con certi pazienti, soprattutto anziani da tempo in trattamento con il "loro" medicamento. È difficile per il farmacista far loro capire che cambia il medicamento senza però cambiare niente…

Nell'elenco delle specialità. C'è una lista degli originali, ordinati secondo la classe terapeutica, con a fianco i relativi generici riconosciuti dalle casse. Su questa lista ci sono anche i prezzi, per cui si vede subito quali sono i casi interessanti.

In generale in Svizzera i beni e i servizi sono del 30-47% più cari rispetto ai paesi europei (santésuisse e Interpharma, 2024). Ciononostante - e contrariamente a quanto si dice spesso - i prezzi svizzeri dei medicamenti coperti da brevetto sono praticamente in linea con quelli all'estero. Le differenze sono molto contenute e si spiegano quasi integralmente con le fluttuazioni del cambio franco/euro; a tasso di cambio costante, in Svizzera tali medicamenti costano solo il 2% in più rispetto all'estero (santésuisse e Interpharma, 2024). Anche il prezzo degli originali non più coperti dal brevetto è simile al prezzo all'estero, con una differenza media del 14%; ci sono Paesi meno cari, ma anche Paesi più cari, come ad esempio la Germania dove tali farmaci costano il 16% in più che da noi (IQUVIA, 2024).

Diverso è il discorso per quanto concerne i generici. Effettivamente nel nostro Paese questi medicamenti costano nettamente di più rispetto all'estero, ovvero circa il doppio. Infatti la media nei Paesi europei di riferimento è pari al 55% del prezzo svizzero (IQUVIA, 2024). Questa differenza è principalmente dovuta al fatto che in Svizzera per principio è obbligatorio mettere a disposizione tutti i dosaggi per adulti e tutte le grandezze di confezione che esistono per gli originali e bisogna anche coprire tutte le indicazioni per le quali l'originale è omologato. Il distributore non può cioè limitarsi a commercializzare solo gli articoli che si vendono molto, ma deve mettere sul mercato anche quelli che si vendono poco. Le deroghe a questo principio sono possibili, ma solo se sono giustificate con motivi medici, mentre gli argomenti commerciali sono inammissibili. Questa varietà ha un prezzo. Di fatto, i dosaggi di nicchia (cioè destinati a pochi pazienti) in Svizzera vengono finanziati trasversalmente dai profitti conseguiti con i dosaggi standard. All'estero questa condizione - intesa a garantire una possibilità di trattamento anche ai pazienti particolari - non esiste.

Domande frequenti sui biosimilari

A partire dagli anni Ottanta, per una vasta serie di malattie sono stati introdotti diversi medicamenti molto innovativi, chiamati “biologici”, ricavati da cellule o organismi viventi per mezzo di biotecnologie. I principi attivi così prodotti (costituiti per esempio da proteine) normalmente sono più grandi e più complessi di quelli dei farmaci non biologici. Esempi di farmaci biologici includono ormoni, quale l’insulina o l’ormone della crescita, nonché anticorpi monoclonali per la cura di malattie autoimmuni e tumorali. 

Con il termine “biosimilari” si intende un farmaco che è altamente simile a un farmaco biologico di riferimento già autorizzato (il cosiddetto “biologico – o medicinale - di riferimento”). Un biosimilare può essere messo in commercio solo quando scade il brevetto del biologico di riferimento. 

I farmaci biosimilari e biologici non hanno niente a che fare con la medicina naturale o con preparati fitoterapici.
 

Un farmaco biosimilare è estremamente simile al medicinale biologico di riferimento, ha cioè la stessa struttura e funzione. Vi sono differenze minime nei due principi attivi dovute al fatto che i farmaci biologici sono prodotti da cellule viventi e non possono quindi essere replicati esattamente. Un certo grado di variabilità è una caratteristica intrinseca di tutti i medicinali biologici, e possono esistere differenze minime anche tra lotti diversi di uno stesso medicinale biologico. I biosimilari presentano però la stessa efficacia, sicurezza e qualità del medicamento di riferimento e vengono utilizzati per trattare le stesse patologie del medicamento di riferimento. I biosimilari devono passare attraverso rigorosi studi clinici che ne dimostrino la loro equivalenza in termini di efficacia e sicurezza rispetto al biologico di riferimento.

Analogamente ai farmaci generici, non occorre ripetere tutti gli studi clinici per l’omologazione di un biosimilare. Questo perché la sicurezza e l’efficacia del biologico di riferimento sono già ben note, quindi lo scopo è dimostrare che non ci siano differenze clinicamente significative tra il biosimilare e il medicinale di riferimento (ossia dimostrare la biosimilarità). Il fabbricante del biosimilare deve presentare una documentazione completa che include grandi quantità di dati, quali dati sulla purezza, sulla produzione e sull’efficacia del biosimilare, e un confronto approfondito con il medicinale di riferimento. Vengono dapprima eseguiti studi di laboratorio dettagliati, nei quali si dimostra che nonostante le differenze di lieve entità eventualmente riscontrate a livello delle molecole del principio attivo, tra il biosimilare e il biologico di riferimento sussiste una somiglianza sufficiente. Si prosegue poi con studi clinici comparativi nell’uomo, nei quali si controlla che il biosimilare abbia la stessa efficacia e sicurezza del farmaco di riferimento. Vengono eseguiti anche studi di immunogenicità (test per verificare che il farmaco non scateni una risposta immunitaria nel corpo), essenziali per valutare il rischio di sviluppo di anticorpi contro il biosimilare. Questi studi prevedono un monitoraggio a lungo termine, spesso superiore ai 12 mesi.

Il meccanismo commerciale è identico a quello che sta alla base dei farmaci generici. Tuttavia i medicinali biosimilari e i medicinali generici non sono esattamente la stessa cosa. I generici sono copie esatte dei farmaci di riferimento, mentre i biosimilari non possono essere replicati esattamente e sono quindi versioni altamente simili al biologico di riferimento (come spiegato sopra). Queste lievi differenze non sono clinicamente significative e non hanno alcun impatto sulla sicurezza né sull’efficacia del trattamento. Analogamente ai farmaci generici, anche i biosimilari sono versioni alternative economiche di medicamenti di riferimento costosi.

Sì, il farmaco biologico di riferimento può essere sostituito dal biosimilare. L’evidenza acquisita nel corso di 10 anni di esperienza clinica mostra che i biosimilari omologati da Swissmedic possono essere utilizzati per tutte le indicazioni autorizzate con la stessa sicurezza ed efficacia dei medicinali di riferimento. Questa conclusione è coerente anche con i risultati di un ampio studio condotto dall’Agenzia europea per i medicinali (European Medicines Agency – EMA). La sostituzione di un farmaco di riferimento con un biosimilare porta un risparmio per il paziente e la sua cassa malati.

Con l’omologazione di un biosimilare, Swissmedic conferma che le differenze minime nelle procedure di fabbricazione non si ripercuotono né sulla sicurezza né sull’efficacia del biosimilare rispetto al preparato di riferimento. Non vi sono inoltre indizi secondo cui l’uso di biosimilari comporti svantaggi etici o sociali per i pazienti.

Non ci sono ancora biosimilari per tutti i farmaci biologici. La quota di mercato di biologici e biosimilari ha totalizzato nel 2023 un fatturato a carico dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS) pari a 2'694 milioni di franchi, corrispondente al 31.9% della spesa totale. Il 74.1% (1’996 milioni) di questa spesa rappresentava biologici ancora coperti da brevetto, per i quali i biosimilari arriveranno solo nel corso dei prossimi anni. I biosimilari ammontavano al 7.1% (192 milioni) e i biologici sostituibili (cioè i medicamenti di riferimento) al 13.4% (361 milioni). Se si guarda la tendenza degli ultimi anni si può concludere che la spesa annua a carico dell’AOMS per i farmaci biologici aumenta sempre meno mentre quella per i biosimilari cresce, portando a risparmi sempre più considerevoli. Questi risparmi ammontavano nel 2023 a 45 milioni, rispetto ai 39 milioni del 2022. Entro la fine del 2027 è previsto che circa 670 milioni di fatturato relativo ai biologici sarà soggetto alla concorrenza da parte di biosimilari (scadenze dei brevetti).

Secondo il sopracitato rapporto di bwa consulting, il tasso medio di sostituzione rimane basso: nel 2023 esso si attesta al 21% Il potenziale di risparmio massimo non sfruttato nel 2023 è di 49 milioni.

Il fatto che il potenziale di riduzione dei costi non sia ancora concretizzato è dovuto a diverse ragioni. Tra queste vi è il fatto che molti medici, a causa delle lievi differenze nei principi attivi spiegate sopra, sono ancora piuttosto diffidenti ad effettuare la sostituzione in corso di trattamento, specie quando il paziente ha una terapia ben equilibrata. Di conseguenza, attualmente il mercato dei biosimilari dipende piuttosto dalla decisione di avviare le nuove terapie direttamente con il farmaco biosimilare invece che dalla sostituzione in corso di trattamento.

Ulteriori biosimilari sono attesi non appena i brevetti dei farmaci di riferimento saranno scaduti e i complessi studi necessari all’omologazione saranno stati finalizzati. Il volume di risparmio previsto dipende in larga misura dall’ingresso sul mercato, dalla penetrazione di mercato e dal livello di prezzo dei biosimilari. Poiché i principi attivi prodotti con tecnologie genetiche sono generalmente molto costosi, si ritiene che i biosimilari abbiano un grande potenziale di risparmio. Nel futuro prossimo dovrebbero essere possibili ulteriori risparmi fino a 300 milioni di franchi all’anno. Non bisogna illudersi che i biosimilari rappresentino una panacea al problema dei prezzi dei farmaci.

Tuttavia i farmaci biologici costituiranno nei prossimi anni il grosso della spesa per i medicamenti e il potenziale di risparmio è grande. Analogamente ai farmaci generici, i biosimilari creano inoltre una concorrenza e sono determinanti nel tenere stabili i prezzi, evitando la spirale al rincaro che sarebbe invece facile ipotizzare in un regime di monopolio.

A partire dallo scorso 1 gennaio 2024 l’articolo 52a della legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal) è stato modificato per consentire ai farmacisti, previo consenso del paziente, anche la sostituzione di preparati biologici di riferimento con i loro biosimilari più convenienti e contenenti lo stesso principio attivo. Come per i generici, anche in questo caso vale il principio secondo cui la sostituzione è possibile solo se il medico non esige esplicitamente la consegna del preparato originale (l’eccezione è ammessa esclusivamente per motivi di carattere medico, dimostrati e documentati). In caso di sostituzione, al medico che ha emesso la ricetta deve essere comunicato quale preparato è stato effettivamente fornito. Parallelamente, sempre a decorrere dal 1 gennaio 2024, la regolamentazione concernente l’aliquota percentuale differenziata è stata estesa ai preparati biologici di riferimento e ai rispettivi medicamenti biosimilari; la quota a carico dei pazienti che non accettano il biosimilare è, invece del 10%, il 40%.

Ci si attende che un numero molto elevato di nuove terapie siano ora instaurate dal medico curante ricorrendo fin dall’inizio della terapia ai biosimilari. Per quanto concerne invece i farmacisti e il diritto di sostituzione ottenuto, tutti i segnali indicano che il cambiamento sarà molto lento. Formalmente, per i biosimilari ci troviamo oggi nella medesima situazione che valeva per i generici nel 2001. Materialmente però i presupposti sono decisamente meno favorevoli, siccome contrariamente ai generici (che come visto sono la copia esatta degli originali), i biosimilari sono farmaci molto complessi e presentano lievi differenze con il preparato biologico di riferimento. Queste differenze, anche se clinicamente non significative, da un lato frenano il farmacista nella decisione autonoma di procedere alla sostituzione di quanto è stato prescritto e dall’altro costituiscono un ostacolo sia per il medico, sia per il paziente che in ultima analisi è tenuto a dare il suo assenso alla sostituzione. Nell’ambito dei biosimilari esiste pertanto un evidente bisogno di informazione e sensibilizzazione di operatori sanitari e pazienti.

Sì. Ma se la differenza di prezzo fra originale e generici è consistente il paziente dovrà prendere a suo carico una parte dei costi. Dal 1 gennaio 2024 la partecipazione ai costi è fissata al 40%.

Nell’elenco delle specialità pubblicato dall’ufficio federale della sanità pubblica. In questa lista si può cercare per principio attivo e nella colonna “preparato originale/generico/preparato di riferimento/biosimilare” si può vedere se si tratta del preparato di riferimento (R) o del biosimilare (BioS). Su questa lista vi sono i farmaci riconosciuti dalle casse malati, con le eventuali rispettive limitazioni e i prezzi.