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Come si cura il tumore del seno?

Il trattamento curativo del tumore al seno ha lo scopo di eliminare il tumore e di distruggere tutte le cellule cancerose. I trattamenti proposti e la loro sequenza dipendono principalmente dai seguenti fattori che influenzano la prognosi della malattia:

  • Dimensione del tumore.

  • Numero di linfonodi infiltrati a livello dell'ascella.

  • Presenza o assenza di metastasi a distanza (propagazione o meno delle cellule cancerose dalla mammella ad altri organi del corpo).
  • Grado di differenziazione del tumore (presenza di cellule più o meno differenziate rispetto al tessuto originale).

  • Tipo istologico del tumore (i carcinomi lobulari, che originano dalle cellule ghiandolari o lobuli, e i carcinomi duttali, che originano dalle cellule che formano la parete dei dotti, sono i tipi istologici più frequenti).
  • Presenza di recettori ormonali nelle cellule del tumore, ossia di molecole (proteine) recettrici situate sulle membrane delle cellule, che permettono a queste ultime di rilevare la presenza di ormoni (estrogeni e/o progesterone) trasportati dalla circolazione sanguigna o prodotti dall'organismo. I recettori ormonali controllano la proliferazione cellulare di determinati tumori trattati con l'ormonoterapia.

  • Espressione di una proteina particolare, denominata HER2 ("herceptin"), nelle cellule cancerose. Tale proteina si fissa sui recettori che si trovano sulla superficie delle cellule tumorali. Quest'ultime tendono a moltiplicarsi più rapidamente quando contengono un gran numero di recettori HER2. Tale fenomeno ha permesso di scoprire un trattamento specifico sotto forma di anticorpi monoclonali che, fissandosi sul recettore per sostituirsi alla proteina HER2, limitano la crescita del tumore.
  • Età e storia clinica della paziente.

  • Eventuali effetti collaterali dei trattamenti.

 

I trattamenti a disposizione per la cura del tumore al seno si suddividono principalmente nelle seguenti categorie:

  • Chirurgia del seno
    Quasi tutte le donne con diagnosi di tumore mammario, indipendentemente dallo stadio, subiscono un intervento chirurgico al seno quale primo trattamento al fine di rimuovere i tessuti malati. Nella maggior parte dei casi, grazie alla diagnosi precoce di tale malattia, è possibile preservare il seno e ricorrere alla chirurgia conservativa, limitandosi all'asportazione del solo nodulo tumorale con una piccola porzione di tessuto normale circostante (tumorectomia) oppure dell'intero quadrante mammario interessato dalla neoplasia con la cute sovrastante (quadrantectomia). Talvolta, è necessario asportare l'intera mammella (mastectomia), a dipendenza dall'ampiezza del tumore, dalla sua localizzazione e dalla presenza o meno di più focolai tumorali. Sia con la chirurgia conservativa, sia nel caso di mastectomia è possibile generalmente procedere alla ricostruzione del seno.

  • Chirurgia dei linfonodi (o gangli)
    Durante l'intervento chirurgico, si può anche procedere ad asportare i linfonodi dell'ascella, piccoli organi del sistema linfatico nei quali sono concentrate le cellule che contrastano lo sviluppo delle malattie. Per sapere se i linfonodi ascellari sono coinvolti, si ricorre alla tecnica del linfonodo sentinella, cioè si identifica il linfonodo che drena per primo la linfa dall'area dove è situato il tumore e che ha, quindi, la maggior possibilità di ricevere le cellule cancerose. Se all'analisi al microscopio il linfonodo sentinella risulta privo di cellule tumorali, gli altri gangli non vengono toccati.  In caso contrario, si procede ad uno svuotamento ascellare (asportazione di una parte o di tutti i linfonodi dell'ascella) per valutare il numero dei gangli invasi. Grazie a tale intervento, è possibile eliminare le eventuali metastasi presenti nei linfonodi, completare lo stadio della malattia e, conseguentemente, valutare la necessità di procedere o meno con la chemioterapia.

    Dopo l'intervento chirurgico, un'accurata valutazione istologica e biologica del tumore è la base per definire le terapie mediche precauzionali per ridurre al minimo il rischio che la malattia possa ricomparire (recidiva locale) o colpire altri organi del corpo (metastasi a distanza). Tali trattamenti sono la radioterapia, la chemioterapia, l'ormonoterapia e l'immunoterapia.

  • Radioterapia
    La radioterapia utilizza in modo sicuro e controllato i raggi X ad alta energia per eliminare eventuali focolai di cellule tumorali ancora presenti dopo l'intervento chirurgico, bloccando così la loro capacità di moltiplicarsi. La radioterapia è proposta generalmente nel caso di una chirurgia conservativa, mentre potrebbe non essere proposta se la paziente ha già ricevuto la radioterapia nel seno operato oppure è particolarmente sensibile all’effetto delle radiazioni oppure si trova in gravidanza.

  • Chemioterapia
    I farmaci chemioterapici (citotossici) hanno lo scopo di bloccare la formazione, il funzionamento o la moltiplicazione delle cellule tumorali. La chemioterapia è utilizzata per distruggere eventuali cellule cancerose ancora presenti nell'organismo anche a seguito dell'intervento chirurgico, in particolare in caso di linfonodi ascellari risultati positivi all'esame istologico oppure in presenza di metastasi a distanza. Talvolta, la chemioterapia è somministrata prima dell'intervento chirurgico per ridurre la dimensione e l'aggressività del tumore (in questo caso si parla di chemioterapia neoadiuvante). I farmaci chemioterapici sono numerosi e possono essere somministrati da soli o in combinazione tra di loro secondo schemi diversi al fine di aumentarne l'efficacia (protocollo di chemioterapia). Non tutte le pazienti vengono sottoposte a questo trattamento, il cui utilizzo dipende dall'età e dai fattori prognostici della malattia sopradescritti.

  • Ormonoterapia
    Si tratta di trattamenti medicamentosi somministrati in presenza di un tumore sensibile agli ormoni femminili per gli estrogeni e il progesterone (il tumore deve risultare positivo a tali recettori). L'obiettivo di tali farmaci è neutralizzare e sopprimere gli effetti degli ormoni a cui il tumore è sensibile, impedendo alla cellula tumorale di utilizzare gli ormoni prodotti oppure inibendo la produzione degli ormoni stessi. i farmaci ormonali si distinguono in:

    • antiestrogeni, che impediscono alle cellule tumorali di utilizzare gli estrogeni prodotti dall’organismo, inibendo così la loro crescita; il più diffuso è il tamoxifene (noto con i nomi commerciali di Tamoxene®, Nolvadex®, Kessar®, Ledertam®, Nomafen®, Virtamox ®), che generalmente rappresenta la terapia ormonale di scelta nelle donne in stato premenopausale;
    • inibitori dell’aromatasi, che bloccano la produzione degli estrogeni; i più comunemente usati sono anastrozolo (noto con il nome commerciale di Arimidex®), letrozolo (noto con il nome commerciale di Femara®) ed exemestano (noto con il nome commerciale di Aromasin®), prescritti soltanto alle pazienti in stato postmenopausale;
    • analoghi dell’LH-RH, che inducono la menopausa farmacologica attraverso il blocco degli ormoni ipofisari che stimolano la sintesi degli estrogeni; in combinazione con il tamoxifene rappresentano il trattamento ormonale standard per le donne in età premenopausale; quelli più utilizzati sono leuprorelin (noto con il nome commerciale di ®), goserelin (noto con il nome commerciale di ®) e triptorelin (noto con il nome commerciale di ®).
  • Immunoterapia
    Trattamento a base di anticorpi monoclonali definito come farmaco a bersaglio, ossia farmaco intelligente in grado di colpire in modo specifico una proteina presente sulle cellule tumorali o nel circolo sanguigno, chiamata anche target molecolare. Poichè gli anticorpi monoclonali riconoscono in modo altamente selettivo le cellule tumorali su cui agire, permettono di limitare gli effetti collaterali rispetto ad altri trattamenti. Gli anticorpi monoclonali più utilizzati sono i seguenti:

    • il trastuzumab, noto con il nome commerciale di Herceptin®, che è generalmente somministrato nel caso in cui ci sia un'elevata espressione della proteina HER2 o Cerb-B2 sulla superficie delle cellule tumorali (il tumore si definisce HER2-positivo);
    • il bevacizumab, noto con il nome commerciale di Avastin®, è l'anticorpo monoclonale che ‘affama’ il tumore ovvero inibisce la formazione di nuovi vasi, impedendo il collegamento del tumore con i vasi sanguigni circostanti, riducendo o bloccando il rifornimento di sangue, elemento fondamentale per la crescita, sopravvivenza e diffusione delle cellule tumorali. Il bevacizumab è generalmente proposto in caso di tumore HER2-negativo e in caso di malattia avanzata e metastatica.