Chiusure natalizie
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Sono migliaia le lettere che gli emigranti ticinesi hanno spedito a casa nel corso dei decenni, raccolte dagli storici nei loro volumi o presenti sul web in formato digitale. Erano missive dal duplice scopo: fornire rassicurazioni e informazioni sulla nuova vita al di là dei confini cantonali e richiedere aggiornamenti su quanto successo nel Cantone durante il periodo d'assenza. In diversi casi l'emigrante esprimeva tutta la nostalgia per la propria patria e per i cibi della tradizione ticinese, tema di un saggio scritto da Stefania Bianchi e intitolato "Nostalgia del gusto e gusto della memoria". Scrive ad esempio un emigrante in Argentina, nel 1899: "Qui ora è la stagione d'autunno, non si vede né fiore né una frutta. Da voi invece è il tempo più bello, tutti i prati, e le piante verdi coperti di fiori, e Valentino incomincerà ad andare dentro e fuori da Verscioro per le ciliegie, e a me pure piacerebbe passare un giorno di maggio con voi".
La diretta conseguenza era l'avvicinarsi ai cibi stranieri della patria d'adozione - per molti ticinesi trasferitisi in America o in Australia la carne fu per esempio una grande scoperta. Il fenomeno portò inoltre gli emigranti di ritorno in Ticino a importare prelibatezze alimentari attraverso la città portuale di Genova, compiendo così una vera e propria internazionalizzazione del gusto alimentare cantonale. L'autrice fa l'esempio dei Pedrazzini di Campo Vallemaggia, attivi nel commercio in Nord Europa e desiderosi (nel 1749) di ordinare dall'estero "merluzzo bretagno, anguilla marinata, zibili novi, bogiete di rosolio, caffè mocca, zucchero fioretto, cannella, vino di Spagna, cacao". E il padre di Piero Bianconi, reduce da una lunga esperienza negli Stati Uniti, è descritto così dal figlio: "Tornato a casa all'occasione sapeva cucinare bene, ogni tanto faceva il corn bread, un dolce rustico di farina da polenta e farina bianca, soffice, gustoso. [...] la mattina di Natale ci chiamava sempre per il Tom and Gerry una specie di zabaione squisito, a base di whisky, tradizionale colazione natalizia degli americani, diceva; e sulla mensa esigeva il non meno tradizionale tacchino".
Nel suo saggio Stefania Bianchi non ha dubbi: sono i salumi, le salsicce e le luganighe i cibi più citati nelle lettere nostalgiche scritte dagli emigranti e dirette al nostro Cantone. In una missiva del 1755, per esempio, un padre cappuccino trasferitosi a Speyer (in italiano Spira) richiede "che gli si porti fino ad Heidelber un pacchetto con certi salami da mangiarsi crudi". Secondo la studiosa, una lettera su quattro parla di queste pietanze senza specificità di tempo o di luogo, quasi a sottolineare che l'amore ticinese per una bella luganighetta accompagnata dalla polenta è generalizzato e non ha età.