Ricovero a scopo di assistenza
L'effetto di questa misura è la restrizione della libertà di movimento. Le condizioni materiali per il ricovero sono una turba psichica, una disabilità mentale o un grave stato di abbandono e l'impossibilità di dispensare il necessario aiuto e trattamento senza far capo ad un istituto appropriato.
La competenza per ordinare un collocamento spetta all'autorità di protezione o a un medico. In quest'ultimo caso l'ordine di ricovero deve essere confermato, se dura più di se sei settimane, da una decisione dell'autorità di protezione degli adulti (art. 429 cpv. 1 e 2 CC), anche se l'interessato non ha presentato reclamo contro tale ordine né una domanda di dimissione.
Chi invece, malato di turbe psichiche, entra volontariamente in istituto e vuole lasciarlo, può essere trattenuto per un massimo di 3 giorni se c'è un pericolo di vita, dell'integrità fisica o psichica propria o altrui.
Il curatore non può decidere un ricovero coatto, nemmeno in caso di urgenza. Neanche il rappresentante in materia medica lo può ordinare.
L'autorità di protezione è competente per decidere le dimissioni delle persone da lei ricoverate, con possibilità di delega all'istituto. Se è il medico che ha deciso il collocamento, la dimissione è decisa dall'istituto, che ha una competenza concorrente con quella del medico.
Tutte le persone che si trovano in istituto hanno il diritto di designare una persona di fiducia (art. 432 CC) di sua scelta, incaricato di assisterlo durante la procedura e il soggiorno, ciò che accresce la protezione giuridica dell'interessato.
Nell'ambito del ricovero per il trattamento di una turba psichica (art. 433-437 CC), il medico curante deve allestire un piano terapeutico scritto, in collaborazione con il paziente e, se del caso, con la persona di fiducia. Il piano è sottoposto per consenso all'interessato, se questi è incapace di discernimento vanno considerate le sue eventuali direttive. In materia di cure, nel quadro di una privazione della libertà a scopo di assistenza, non c'è spazio per un eventuale rappresentante terapeutico o legale in ambito medico che non possono quindi decidere in nome dell'interessato.
Se c'è mancanza di consenso il medico capo reparto può procedere coattamente al trattamento se l'omissione espone a pericolo o a serio danno la salute della persona ricoverata o di terzi e se l'interessato è incapace di discernimento rispetto alla necessità del trattamento (non è in grado di comprendere o di esprimersi liberamente) e non vi è altro trattamento adeguato, meno incisivo.
La decisione di trattamento coatto è comunicata all'interessato o alla persona di fiducia con le indicazioni dei termini di ricorso.
In caso di urgenza (pericolo di suicidio, lesioni a sé o a terzi.), possono essere adottati provvedimenti immediati per proteggere l'interessato o i terzi (art. 435 CC).
Ogni decisione e/o provvedimento può essere contestato mediante reclamo dall'interessato o da una persona a lui vicina, nel termine di 10 giorni dalla notifica della decisione, al giudice competente (art. 439 e 450e CC) ovvero alla Commissione giuridica LASP.