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Dénc
Dénc
denti non è da augurarsi neppure alle serpi
(Grancia),
almèldadén≤ l’èün catív cumpágn
, il
maldidenti èunacattivacompagnia (Soglio).Per
la sua intensità compare in paragoni per espri-
mere il grado elativo:
gram cumè lmaade dinc
,
cattivo come ilmal di denti: cattivissimo (Brione
s. Minusio),
noióus cóma al mal di dénc
, fasti-
dioso come ilmal di denti (Pollegio).
iMat. VSi documentanounavasta evariega-
ta gamma di rimedi in auge agli inizi del nove-
cento per combattere le affezioni dentarie e il
mal di denti: si va dalle fumigazioni ai catapla-
smi, agli sciacqui, ai pediluvi e a svariate altre
pratiche impregnate dimagia.
3.1.nell’immaginariopopolare la carieeraat-
tribuita, per analogia con quanto avviene con i
frutti, all’azionenefastadi piccoli vermi filiformi
che si anniderebberonei denti, cibandosenee ca-
gionando il dolore.Molti dei rimedi suggeriti ave-
vano quindi come espressa finalità l’espulsione
del parassitadal dente. traquesti vi erano le fu-
migazioni. il corrispondente localedelVSi di le-
ontica, nel descrivere l’usanzadi certedonnedel
paese che inalavano a bocca aperta il vapore
(
prof®m
) di un imprecisato decotto coprendosi il
capo con un panno, annotava: «dicono che esce
dal dente cariato e cade nel decotto certo bache-
rozzoloe cessa ilmale, perònonebbi occasionedi
vedere tale cura».aGordevio, lapraticadi
parfü-
maa i dint
o
faa i parf®m
, suffumicare i denti,
consisteva nel bruciare su dei tizzoni ardenti al-
cuni semi di gineproodiun’altraerbanonmeglio
identificata che cresceva nelle corti, indirizzan-
done il fumopermezzodi un imbutodirettamen-
te sul dente cariatoedolorante.acastel S. Pie-
tro si adoperavano i semi dell’
èrbadi dénc
, una
pianticella imprecisata (per cui cfr. forseal par.
8.2.), mentre arovio si cercava di lenire l’odon -
talgia con
füméntd’aqua saradaoda camamèla
,
suffumigi d’acqua salata o di camomilla. Pianta
considerata tra le più efficaci come vermicida
dentale era il
fiur da santa Pulònia
, fiore di S.
apollonia: il giusquiamo, il cuiutilizzoeradiffuso
soprattutto nelle valli superiori del ticino [17];
ma anche l’aglio, per le sue rinomate virtù ver-
mifughe, era assai apprezzato: a rovio lo si pe-
stavae losi applicavadirettamentesuldentema-
lato, aMeride con gli spicchi si confezionavano
braccialetti da tenereal polso, i quali si riteneva
avessero il poteredi produrreunavescichetta che
avrebbe determinato la cessazione del dolore; a
Bosco Gurin se ne introduceva un pezzettino
nell’orecchio, dalla parte dolorante [18], sulla
basedella convinzione che l’orifizio comunicasse
direttamente con i denti e cheattraversodi esso
si potesse interveniresul parassita, debellandolo
[19]. altri singolari rimedi erano ritenuti altret-
tanto efficaci nella cura del mal di denti, fra i
quali l’applicazione di un impiastro di lombrichi
pestati, l’
òli de lemprétt
, olio di lombrichi, atte-
statoaBiasca, o
r’impiastroda lümághodanèrc
,
l’impiastro di chiocciole o lumache, menzionato
dall’informatorediGrancia, particolarmentedif-
fuso nel Sottoceneri, ma che sporadicamente
emerge anche altrove: i molluschi andavano pe-
stati ancora vivi e con il guscio, e la poltiglia ap-
plicata immediatamente sulla guancia o anche
direttamente in bocca sul dente dolorante; aBa-
lerna, inoltre, le lumache dovevano essere obbli-
gatoriamente tre, diversamente da quanto avve-
niva fuori della Svizzera italiana, ad esempio a
Valsolda ePagnona, dovepotevano essere anche
in numeromaggiore, purché fossero dispari. Si-
mili rimedi avevano una forte connotazionema-
gico-simbolica: lombrichi e lumache richiama-
vano nel corpo viscido e molle quello del verme
dentale e l’impiastro ne simboleggiava lo schiac-
ciamento, l’uccisione, attraverso la quale si cre-
devadi ottenere la cessazione del dolore [20].
Vi erano poi cure (nelle quali si può ravvisare
l’influssodellamedicina scientifica) che interve-
nivano sempre direttamente sul dente cariato
non soloallo scopodi eliminareperasfissia il pa-
rassita, ma anche per decongestionare e aneste-
tizzare la parte dolente. Esse contemplavano
sciacqui d’acqua fredda (Broglio), di grappa (a
Pedrinate la si riscaldava preventivamente im-
mergendovi un vetro caldissimo), o fatti con de-
cotti dimalva, di camomilla, di fiori di sambucoo
altro [21]:
métt lagrapa sótt ai dinc per calmául
dulúr
,mettere lagrappa sottoai denti per lenire
il dolore (Pedrinate),
«cóme l va l tòdénc?» «ò tòlt
giúm bicér d’aquade seménzade lin»
, «come va
il tuodente?» «hopresounbicchieredi decottodi
semi di lino» (roveredoGrig. [22]); le cure pote-
vano includereunzioni del dentemalato con olio
d’oliva, magari riscaldato (chironico, Sigirino,
Viganello), olio di ricinomescolato a camomilla
(rovio), olio di ravizzone o di sambuco (losone),
e anche applicazioni di burro fresco (Sigirino, S.
Vittore), di lardo (Sigirino), oancora l’inserzione
nel buco della carie di grani di pepe, di chiodi di
garofanoodi qualchegocciadi spiritoodi petro-
lio (Soazza):
anca i liquid che contégnalcol i s’üsa
peromádidénce
, anche i liquidi contenenti alcol
si usano per ilmal di denti (cimadera),
mètt int
cutón cu l’aquavita
, introdurreunbatuffolodi co-
tone imbevutodi grappa (cavigliano),
métt intpé-
var o galòfri sül dént sbögió
, mettere pepe o
chiodi di garofano sul dente cariato (rossura),
issa sa dupéra tant al spirit da garòful cuntra l
maldadént
, adessosi adopera tanto la tinturadi