Centro di dialettologia e di etnografia - page 40

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DeNeDAA
DeNeDAA
dellavigilia, subitodopo cena, ogni bambinomet-
teva fuori sul davanzale della finestra il piatto
con suunpo’ di zuccheroperGesùBambinoeun
pizzicodi saleper l’asinello (Mesocco [190]);
igo-
gnittimetèvaföralbözz
, i bambini esponevano
unascodella (Lodano);
fiöritt,s®viscorch’al’èDe-
nedaaeparegéelvòstbravocavagnöödaméttföra
sülscòssosülpugiööcondéntalfénelscartocétt
dasaa
, ragazzini, su vispi che èNatale e prepa-
rate il vostro bel cestello dametter fuori sul da-
vanzale o sul terrazzino, con dentro il fieno e il
cartoccio con il sale (Melide [191]): inValmaggia,
dove, comenelLocarnese, sulpiattosiponevaan-
cheun ramoscello di ginepro che laSacraFami-
gliaavrebbe potuto bruciare per riscaldarsi (cfr.
il par. 1.9.3.2.), ci si premurava di non lesinare
sullaquantitàdi sale, inquantopiùa lungo l’asi-
nellosi sarebbe fermatoa leccarlo, piùabbondan-
ti sarebbero stati i doni; similmente aGorduno,
se la cruscaper l’asinello fosse stataabbondante
e il fanciullo fosse statobuonoeavessepromesso
di esserlo ancora, Gesù Bambino in persona a-
vrebbeappesoaun filoalcuni dolci equalchegio-
cattoloe li avrebbe lasciati penzolareproprio so-
pra la testa del piccolo; nella bassa Mesolcina
invece prevaleva l’attenzione per il Salvatore e
c’era chi si preoccupava di preparare un poppa-
toio con latte appenamuntoper il neonatoGesù
[192]. ABellinzona veniva posto un vassoio sul-
l’uscio di casa, mentre in alcune località per ac-
cogliere i doni si esponevauna calzatura:
nüiâl-
tribagâipalBambínmetéumf∑un≤alzésüla
fanèstra
, noi bambini perNatalemettevamouna
scarpa fuori della finestra (Ponto Valentino),
la
séradalavisgiliadaNatálsaüséamétafòla
scarpa,tüccibudánimetéanfònascarpa,
tramèzzalifinèstridópi
, la sera della vigilia di
Natale si usava mettere fuori la scarpa, tutti i
bambini mettevano fuori una scarpa tra le ante
delle doppie finestre (Poschiavo); il ricorso alla
scarpa per questo scopo è frequente nella parte
orientale della Lombardia e nel Veneto ed è at-
testato nella Svizzera italiana pure a Biasca, a
Bodio e inVal Bedretto [193].
Nonpochiuomini sceglievanodi trascorrere la
serataall’osteria e fraquesti inbuonaparte an-
che coloro che, non essendo prevista lamessadi
mezzanottenei loropaesi, si spostavano con largo
anticiponel villaggiovicino, ingannando l’attesa
della cerimonia inallegra compagnia; dall’osteria
si recavanopoi direttamente in chiesa, dovenon
sempre il loro comportamento risultava inecce-
pibile (v. il par. 1.11.). Inqualchepiccola località,
comeaGhirone, potevaaddirittura capitare che
il parrocodovesseandaredi personaasollecitare
i ritardatari:
l’èsunóuuldarèi,tüttingésa!
, è
suonato l’ultimo toccodelle campane cheannun-
cia lamessa, tutti in chiesa! [194].
1.11.Messadimezzanotte
La liturgia natalizia prevede tremesse («ad
noctem»o«adgalli cantum», «inaurora», «indie»)
[195] che, secondoun’opinionediffusa inpassato,
dovevanoessere frequentatetuttedacolorochesi
professavano buoni fedeli:
oldídaNatálolpréd
algh’alpermèssdadí tréméss:agh’èquélada
mezanòtt,quéladivòttequélavèrsidés
, il gior-
no di Natale il prete ha il permesso di celebrare
tremesse: c’è quella di mezzanotte, quella delle
otto e quella verso le dieci (Lug.); le tre messe
vengonocosì spiegatenel componimentodiunal-
lievodella classe
VIII
diCamedodel 1935: «lapri-
ma, che si celebra amezzanotte, significa la na-
scita temporale diGesùaBetlemme; la seconda,
che è detta all’aurora, significa la nascita di Ge-
sù innoi collasuagrazia; la terzasignifica lana-
scita Divina ed eterna del Figlio di Dio» [196].
Delle tre, la più importante e la più sentita è
senz’altroquelladimezzanotte, dettaperantono-
masia
méssadaNatál
,
daDenadaa
,
dalBambígn
(Minusio)oancora
méssadamatütín
(Poschiavo),
méssas≤üra
(Ons.). AMoghegno era servita non
Fig. 54. Cartolina speditadaLocarnoadAltancanel
1925 (proprietàG. Haug, Capolago).
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