Centro di dialettologia e di etnografia - page 33

143
DeNeDAA
DeNeDAA
dallamomentaneadelusionedatadalla scoperta
che le bocce rilucenti altro non erano che patate
e rapeavvoltenella carta stagnola [156]. La tra-
dizione si estese ampiamente, inparticolare con
il secondo dopoguerra, dapprima nei ceti bene-
stanti enei centri, per lopiùascapitodi altri pre-
cedentiusi, inparticolaredel presepio, con cui co-
munque si trova spesso a coesistere:
aNatála
favuml’albureancalpresépi,ifavumtüttdüü
nüm,intinèlo,méelmèpáinséma
, aNatale fa-
cevamo l’albero e anche il presepio, li facevamo
tutt’eduenoi, insaladapranzo, ioemiopapàas-
sieme (Mendrisio [157]),
sótairamgióinfóndal
gh’éralastaladaBetlèmmecunMaríaeGiüsèpp,
albòvel’asanvisínalacünav∑ida,unpittpl®di-
stant,quasivíadadr∑dal’albarín,unpastúr
cuntréoquatrubis’ci
, sottoai rami, giù in fondo
c’era lastalladiBetlemme conMariaeGiuseppe,
il bue e l’asino vicino alla culla vuota, un po’ più
distante, quasidietroall’albero,unpastorecon tre
oquattropecore (Poschiavo [158]).Ledueusanze
tuttaviavenivanonondi rado contrappostequali
espressione delle due diverse confessioni: il pre-
sepioerasentito comepiùvicinoaquella cattolica,
l’albero, anche per la sua provenienza, a quella
riformata.Addirittura c’era chi considerava l’albe-
ro inadatto alla circostanza, in quanto espres-
sioneprofanaopersinopagana, chepertantoan-
dava contrastataoquantomeno ridimensionata.
In questa prospettiva va interpretato il gesto di
collocare sotto l’albero, come capitava aGiuma-
glio, una statua di Gesù Bambino per compen-
sare quella che era ritenuta lamancanza di un
referente cristiano [159]. Nonostante questa re-
sistenza, più pronunciata nelle zone cattoliche
[160], la tradizione dell’albero si impose, giun-
gendo perfino a una sua ufficializzazione, con
l’istituzione di feste dell’albero di Natale, come
quella in uso già nel 1904 all’asilo infantile ge-
stito dalle suore a Biasca o quella tenutasi nel
1918aCastelS.Pietro [161].unpossibilemodel-
loperquestemanifestazioni potrebbeesserestato
fornitodalleanaloghe feste inusonellaSvizzera
tedesca, anche fra le associazioni di emigranti,
come la Pro Ticino. Conosciuta e di lunga tradi-
zione è la «Festa dell’alberino», celebrata a Po-
schiavo dai riformati il giorno di Natale e poi ri-
petutaaCapodanno con ladistribuzionedidoniai
poveri del borgo; un’analoga usanza si ritrova in
Bregaglia:
aNadèlalvinticinchdadicémbarasfa
lafèstadal’albarinn,cheplagérpaifènceche
grancragái!
, aNatale il 25dicembre si fa la festa
dell’albero, chepiacereper i bambini e chegrandi
regali! (Bondo [162]).
L’alberodiNatalepoteva essereacquistato, a
volte anche in estemporanei punti di venditaal-
lestiti per l’occasione, comeadesempio inPiazza
RiformaaLugano [163], oprocuratodirettamen-
te inunboscovicino:
ulpá,cal’èrafòindracórt
apraparèilènpalfögh,uvégnincá,unbéuun
gutínadvineudis:«Míavèghiataièulpign∑u
daNatáls®palbösch»
, il papà, che era fuori
nella corte apreparare i legni per il fuoco, viene
in casa, beve un goccio di vino e dice: «Io vado a
tagliare l’albero di Natale su nel bosco» (Malva-
glia),
ulmèpáulvòttdedicémbrualnavaacer-
caal’alburdeNatálindubósch,l’évan’abitüdin
chelgh’éva
,miopadre l’8dicembreandavaa cer-
care l’alberodiNatalenel bosco, eraun’abitudine
cheaveva (Sigirino);
l’albaríncamèfradèlldóidí
primal’éraíaramásüsóttliPlatéri
, l’albero che
mio fratelloduegiorniprima [dellavigilia] eraan-
dato a prendere sotto i
Platéri
(Poschiavo [164]).
Non sempreperòquesto erapossibile eallora
si optavaper una soluzionedi fortuna:
unanna
gh’évagiótròpanévelpudévamiganaaacercaa
l’alburel’ènaiacataal√anévru,al’afail’albur
cul√anévru
, unanno c’era troppanevee [miopa-
dre]nonpotevaandarea cercare l’alberoedèan-
Fig. 47.Al comando territorialediSanBernardinoun
soldato di guardia osserva alcuni suoi commilitoni
che accendono le candele dell’albero di Natale, 1939
(ASTi, fondo fotograficoCh. Schiefer).
1...,23,24,25,26,27,28,29,30,31,32 34,35,36,37,38,39,40,41,42,43,...68
Powered by FlippingBook