Centro di dialettologia e di etnografia - page 35

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DeNeDAA
DeNeDAA
di quelle vere, una rossa, una blu e una gialla,
proprio comequelle chevedevamosulle cartoline
d’auguri, edaultimouna campanellabianca con
sopra la brina, che a scuoterla faceva din din
(Malvaglia),
dòpuscénalamamal’asunúnbrun-
√ínelapòrtadastüalas’éavèrtaintütalasúa
larghézzaeilò,pròpiilò,davantl’éral’albarín,
cuntütiséicandelinipizzicumènincantésim,
cunséibuci,fügüri,urscéi,angialín,ghirlandi,
ciculatínebisquíes®inzóm,lapüntacunnastè-
lad’argént
, dopo cena lamamma ha suonato la
campanella e la porta della sala si è aperta in
tutta lasua larghezzae lì, proprio lì, davanti c’era
l’albero, con tutte lesue candelineaccese come in
un incantesimo, con lesuebocce, pupazzi, uccelli,
angioletti, ghirlande, cioccolatini ebiscotti esu in
cima, lapunta con la stellad’argento (Poschiavo
[167]),
unbòtta≤á
...
alpiazzavomsórrafenèstra
ch’avardavadapóseanasèvomacataaras≤atra
corintipòchballetüttolnecessariperfaar’ál-
bero.Balllüstriangh’èvompòchdabón,matan-
tiaifasèvoms®coriciciòueinósvoltèiintindra
cartadòra
.
Ametèvoms®an¥acicolatt,maquii
agh’èvommaiolpenséidatiráisgi®.Avünevün
iscomparivatücceolbélll’èracheastrovavamai
olgolósoragolósacheasgrafignava.I≤endéra
icrompavomdatüccicolór.I«capelli d’angelo»
aifasèvomdüraadivèrsiagn,maarafignl’èra
musscambiái.Unapartitacavafé¥ fignch’apiz-
zavomi≤endérequiicherestavaarafignfináli
èrapiégndaspigndapèscia
, unavoltaa casa lo
sistemavamo sulla finestra cheguardava sul re-
troeandavamoa cercare la scatola condentro le
pocheboccee tutto il necessarioper fare l’albero.
Bocce luccicanti ne avevamo poche davvero, ma
tante le confezionavamo con lepignee lenoci av-
voltenella carta stagnola. Appendevamoanche i
cioccolatini,ma quelli non dovevamomai preoc-
cuparci di tirarli giù. Auno auno scomparivano
tutti e il belloera chenonsi trovavamai il goloso
o lagolosa che li rubava. Le candele le compera-
vamo di diversi colori. I «capelli d’angelo» [fila-
menti che venivano fatti penzolare dai rami
dell’albero] li facevamo durare diversi anni, ma
alla fineeravamo costretti a cambiarli.unaparte
prendeva fuoco quando accendevamo le candele
equelli cherestavanoalla fineeranopienidi aghi
di abete (Biasca [168]). Lo stratagemma di rive-
stire frutta, pigne e oggetti di varia forma e na-
tura con carta argentata per ovviare alla man-
canza o alla scarsità di addobbi veri e propri era
molto diffuso:
insémaalacartadòraasadupe-
ravalacartadastratt,parquatáimulitt,ica-
stégnediassittdalégndatacás®sül’alburda
Natál
, insieme alla carta stagnola si adoperava
la cartadelle confezioni dell’estratto [di cicoria],
per coprire i tutoli, le castagneedelleassicelledi
legno da appendere sull’albero di Natale: a imi-
tazione delle tavolette di cioccolato (Ligornetto).
Laproduzione di cioccolatini per il periodonata-
lizio era comunque importante e costituiva un
grosso impegno ma anche una buona fonte
d’entrataper le fabbriche che li confezionavano;
fraquesteanche laCimaNormadiDangio:
faum
iarticuldaNatáldatacás®sürl’albur.Alóracüi
imdasèvatantalmila.Maalóragh’èumda
pundáighp®!Aa,gh’èummíadavultâssingir!
Curtüttcüistagnòllculurái,curtüttulfíidamè-
taghiínt
, facevamo gli articoli di Natale da ap-
penderesull’albero.Alloraperquelli cidavanoun
tantopermille.Maalloradovevamomettercela,
poi! Ah, non avevamo da voltarci in giro! Con
tutte quelle stagnole colorate, con tutto il filo da
Fig. 49. InvitodellaProTicinodi LucernaallaFesta
dell’Albero di Natale del 1928 (proprietà Pro Ticino
Lucerna).
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