Centro di dialettologia e di etnografia - page 50

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DeNeDAA
DeNeDAA
poabuonmercato, perché la sommadaversarsi
a favoredei poveri rimasepoi un’incognita. Così
asolovantaggiodeibottegai si è toltounuso, che
contribuivamoltissimo a rallegrare il desco an-
che delmodesto operaio» [236].
1.14. Cibi
1.14.1. Cenni generali
Nell’ambito delle cosiddette inchiestenapole-
oniche promosse dal governo francese nel 1811,
il relatoreper ilDipartimentodelLario così scri-
veva nel capitoletto intitolato «
Usanzepregiu-
dizisuperstizionietc.riguardantilefesteprinci-
palidell’anno,edalcunialtrigiorniperqualche
circostanzaragguardevoli
»: «ognunsa che le feste
natalizie si passano da ciascheduno e particolar-
mente dalle genti di mezzana e d’infima condi-
zione più splendidamente che per essi si può.
Grandi provvigioni si fannodallegenti di campa-
gna in carne, pollame e simili commestibili. Ben
misera èquella famiglia che in tal giornoe carne
e vino non gusta. Ognuno si ciba di pan di fru-
mentoe chi puòsi procura il così detto
Panettone
»
[237].Approfittandodi questasituazione, inegozi,
analogamente a quanto visto per i mercati (par.
1.9.7.), aumentavano la loroofferta:
imürdima-
celerii,disalümerii,dinegòzzidapulirööiscum-
parivadadrédiman√öö,divedéi,di√ampún,di
légur,difasán,dibecazzedialtrisalvadighta-
caas®
, i muri delle macellerie, delle salumerie,
dei negozi di pollivendoli scomparivano dietro i
giovenchi, i vitelli, gli zamponi, le lepri, i fagiani,
le beccacce e altra selvaggina appesa (Lugano
[238]).
Il desiderio di mangiare
catcòssaedbómpis-
séecheièltdíaifèstdeDenedaa
, qualcosadi buo-
no di più degli altri giorni per le feste di Natale
(Mergoscia), e laparallelaabbondanzadi cibarie
erano tali da diventare facilmente termine di ri-
ferimentoantonomastico:
fáDenedál
, festeggiare,
starebene (Loco),
faaNatál
, fareunagrande festa
(Maggia),
fáifèstdaNatál
,mangiare bene, ban-
chettare (Bellinzona,S.Abbondio),
peifèsttüccifa
gióicréspdalstómegh
, perNatale tutti spianano
legrinzedallo stomaco (Brè), cfr. fuori dellaSviz-
zera italiana, aViggiù
innmingasémpruifèstda
Netál!
, non sono sempre le festediNatale!: nonsi
può mangiare sempre come in quel giorno, e a
Crealla
l’èfa≤≤Danadá
, ha fatto Natale: della
grandine chehadevastato, portato via tutto.
L’eccesso alimentare portava poi a prevedibi-
liconseguenze:
dòpuidídaDenedaalavuraidu-
túreispezziaa
, dopo i giorni diNatale lavorano
imedici e i farmacisti (Arogno),
béuemangiaaa
Natálufavegniiilmaadapancia,asanSilvè-
stroafinissl’annevavíatuttimalann
, bere e
mangiareaNatale favenire ilmal di pancia, aS.
Silvestro finisce l’anno e scompaiono tutti i ma-
lanni (Terre Ped. [239]): si tornava infatti alla
consueta sobrietà alimentare.
Inquestaatmosferagioiosa si pensavaa coin-
volgereanchegli animalinellestalle, ai quali era
riservato un trattamento speciale, secondo al-
cuni per renderli partecipi dell’imminente festa,
secondoaltri come ricordoe riconoscenzadel fatto
che l’asino e il bue avevano riscaldato il neonato
Gesù [240]:
aNatálasaghdaquaicòssdabón
an≤aaibés’c
, aNatalesi dàqualcosadi buonoan-
che alle bestie (Biasca [241]),
uldédDinálus’a
dafástábénfénianimái
, il giorno di Natale si
devono far star bene perfino gli animali (Van-
zone); per l’occasione a Verscio si preparava
la
marnétadaNatál
, il pastonediNatale, fatto con
paglia tritata, crusca, zucche, salegrossoe rape,
ealtrovevenivapresodal fienile il fienomigliore
e si distribuivano razioni più abbondanti di fo-
raggio.unatteggiamento, questo, raccomandato
asuo tempopuredaS.Francesco, il quale «voleva
che inquestogiorno ... i buoi egli asini ricevesse-
ro una razione di cibo e di fieno più abbondante
del solito»e intendeva chiedereall’Imperatore «di
emanare un editto generale, per cui tutti quelli
chenehannopossibilitàdebbano spargereper le
vie frumentoegranaglie, affinché inungiornodi
tanta solennitàgli uccellini eparticolarmente le
sorelleallodoleneabbiano inabbondanza» [242].
1.14.2. Pranzo diNatale
unmomentocentraledelgiornodi festaèquel-
lo del pasto di mezzogiorno:
disnèdNatál
(Gior-
nico),
pastdaDenedaa
(Balerna);
faaalDinadaa
(CampoVMa.),
fèeifèst
(Olivone), consumare il
pranzodiNatale, che si voleva speciale eabbon-
dante, tale da allietare lamensa anche di «colo-
ro che invitaaltronon coniugavano che i tre ‘p’:
pregare, piangere, pagare» [243].
Per l’occasione il consumo di carne era la re-
gola, al punto che ilNatale stessoeradetto
uldí
damangiácarna
, il giornodimangiarcarne (Pe-
drinate):
Natálparnünl’évanagranfèstagran-
daparchélacarnalamangiavummai,malada-
vanun√icaaladoménigaeluraspetavumNatál
parchéaNatálmazzavanulpulastru
, Natale
pernoi erauna festagrandeperché la carnenon
lamangiavamo mai, ce ne davano un poco alla
domenica e allora aspettavamoNatale perché a
Natale uccidevano il pollo (Sagno). L’uso viene
citatoperfino inuna cartolinapostalespeditada
Bedigliora a Buenos Aires il 31 dicembre 1899,
nellaquale si dànotizia chenel «Natalepassato
divinamente»anche«ipoverimangiano lacarne,
il manzo». Nel Mendrisiotto i contadini più po-
veri si associavano, finoancheaunaquindicina,
per racimolare il denaro sufficiente adacquista-
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