Centro di dialettologia e di etnografia - page 52

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DeNeDAA
DeNeDAA
le lamammapreparava il ripieno del cappone di
Natale. e poi c’era lo stufato che doveva durare
fino a S. Antonio (17 gennaio), si intende in can-
tina,nell’ollaonellastufaiola, servivacome [piat-
to] finale delle feste, prima di emigrare (Ligor-
netto [251]); la pratica trova conferma a pochi
chilometri di distanza nella massima di Gene-
strerio:
parsantAntòni,stüvaadaDenedaa
, per
S. Antonio, stufatodiNatale.
Nelle famiglie borghesi benestanti il menù
eraparticolarmente ricco; esemplare e suggesti-
va è la descrizione di quanto poteva essere am-
mannito a Lugano: «raramente si cominciava
con il
salato
... si iniziavacon lagran lessata:una
costa di manzo, ... un po’ di testina, qualche co-
stinadi puntadi vitello, unpo’ dimilzaepoi, na-
turalmente cotti a parte, un bello zampone fu-
mante, o se la famiglia era poco numerosa, un
«cappello di prete» della stessa pasta dello zam-
pone, cotechini, qualche luganiga, della mazza
casalinga del balio o di qualche amico campa-
gnolo, un po’ di
tempia
o di ganascia di maiale.
Qualeaccompagnamento obbligatorioper la les-
sata, si portava in tavola il barattolo dellamo-
starda, dolce e forte
veradiCremona
, dono na-
talizio del salumiere di fiducia alla clientela
affezionata; o qualche volta comparivano anche
i crauti. Seguivaunbuonbrodo, quellodella les-
sata corretto conunpo’ di pepe o di nocemosca-
ta, al quale gli uomini aggiungevano un paio di
cucchiaiatedi vino ... Poi veniva il piatto forte, il
cappone; ... dopo il cappone il dolce. Il panettone
allamilanesealto, fortemente lievitato, erapoco
diffuso. Simangiava invece il
miccone
nostrano,
un panettone di pasta più dura, ma ricca, oltre
che di sultanina, anche di noci, dimandorle e di
pignoli, un dolce nostrano, molto saporito. Ma
c’era di più, la gran sorpresa attesa da grandi e
piccini, il
caollatte
, una crema semplice, squisi-
ta, per preparar la quale non si facevano econo-
mie ... Il
caollatte
eradifficileda farsi, equalche
buonamamma, per non correr troppi rischi, pre-
parava invece uno zabaglione caldo con uova,
marsala e vino bianco. Ma non è finita qui. un
gran piatto di frutta:
pertugalli
(come allora si
chiamavano learance),mandarini,mele renette,
uva passa, e ogni sorta di frutta secca: noci, noc-
ciuole, fichi secchi e perfino datteri; ... per finire
c’era ancora un pezzetto di
grana
, parmigiano
stravecchio e gustosissimo, che si prendeva per
far
buonabocca
. Per i vini non si andava troppo
per il sottile, ibuongustaidel tempodicevanoche
cambiar vino non è sempre raccomandabile, per
cui ci siattenevaalPiemonte, cheerapoiunBar-
bera ...unbuon caffè, un cicchetto di grappano-
stranapergliuomini,e l’uvao leciliegiesottospi-
ritoper ledonneed i ragazzi, completavano lago-
denda» [252].
Nelle famiglie contadinedelMendrisiotto «era
solo il giornodiNatale in cui simangiava il pane
di frumento, cotto in casa, e la carne. Amezzo-
giorno, tutti si mettevano a tavola per il gran
pranzonatalizio.erasempreunagrande festa.Si
cominciava con un buon piatto di misto, consi-
stendo in salame crudoemortadella, poi seguiva
un buon risotto, poi carne in abbondanza, cap-
poni, tacchino, edun’infinitàdi altre cosegradite
alpalato. Ilbuonvinonaturalmentenonmancava,
erano sempre lemigliori riserve dell’annata. Poi
veniva il tradizionalepanettonechemisurava tal-
voltaunmezzometrodi diametro» [253].Fra i sa-
lumi caratteristicidelmomentonellaregionevari-
cordataanche lagalantina, impastodi variecarni,
conpezzettidi lardoediverdure,preparatodai sa-
lumieri esclusivamente per le feste natalizie. In
Capriascachi aveva ilmaialecercavadi tenereda
parte per la festa anche
orsalámcurò
, il salame
insaccato nel budello ricavato dalla parte finale
dell’intestino retto, che garantiva una migliore
conservazione e assicurava maggior morbidezza
all’impasto [254]; adAirolo, l’arrosto di codino di
maiale era ritenutounaprelibatezza riservataal
pastonatalizio [255]; aSonognosi gustava invece
carne di capra precedentemente messa in sala-
moia,mentre aCasaccia si cucinava carne di pe-
cora [256], analogamenteaquantoveniva fattoal
di fuoridellaSvizzera italiana, aPagnona, inVal-
sassina.
Fra tutti i cibi che si consumavano aNatale,
un’importanzaparticolare oltre alla carne l’ave-
va, comevisto, il risotto, divenuto findagliultimi
decenni dell’Ottocento il piatto festivo per eccel-
lenza. In diverse località del Sottoceneri se ne
metteva da parte un po’ per darlo alle galline,
nella convinzione che così facendo avrebbero co-
vato presto oppure avrebbero aumentato lapro-
duzione di uova [257] o per lo meno non sareb-
bero andate a deporle altrove:
sagadaalrisòtt
daNatálaigalinnparnofácheivagaf∑dacá
afál’öv
, si dà il risottodiNataleallegallineper
fare inmodo che non vadano fuori di casa a de-
porre l’uovo (Rovio).
un’attenzionespecialeeradedicataallaprepa-
razione di tacchini e oche, lunga ed elaborata, e
soprattuttodei capponi:
sametévanicapúninca-
punéraaingrassáeapürgass;unasetimanétapri-
madaNatálimazzavumep∑imetévuminda
l’aquasbruiéntaparspenáibénedòpu,unavólta
cheiévumnetaapulitu,ipurtavumingranéeeita-
cavums®auncióosüpaitraveilassavumfrulífin
alavigilia
, simettevano i capponi nella stiaa in-
grassare e apurificarsi; circauna settimanapri-
1...,42,43,44,45,46,47,48,49,50,51 53,54,55,56,57,58,59,60,61,62,...68
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