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DArABIADA
DArBIA
darabiada, -rabiáo≠
darübiaa
darache, -ra≤óm≠
derocá
DArAnTŒ (darantí) v. Sgelare, sciogliersi:
della neve e del ghiaccio (Ludiano); – liberarsi
della neve: del terreno, della strada (Ludiano).
Ul ré sménzaadarantí
, il ruscello incomincia
asgelare [1];–
lacominciaadarantí,quéstastrè-
da
, iniziaa liberarsi dallaneve, questa strada.
rappresenta forseunavar. di≠
terená
‘mostrarsi,
affiorareallosciogliersidellaneve:diterreno’ concam-
biamento di desinenza (< -
enTAre
) e di coniugazione;
– la
d
- iniziale può essere dovuta a dissimilazione;
l’alternanza
d
-/
t
- non è comunque infrequente, v. per
es.:
danf
,
danganèll
,
deremacch
,
dostín
, var. rispet-
tivamente di
tanf
‘tanfo’,
tanganèll
‘randello’,
tere-
macch
‘varietàdi castagno’,
tostín
‘tostino, tostacaffè’.
Bibl.: [1] g
ALFeTTI
129.
Sofia
DArAnzA(daránza)s.f.Stirpe, schiatta,pro-
venienza (Sonogno).
O s sapöö gnan≤ de che daranza i é chill fore-
stée
, non si sa poi neanche di quale provenienza
siano quei forestieri [1].
Stando aLurati, il term. vamesso a confronto con
il mil.
aderenza
‘relazione di amicizia o di parentela’
[2], voceperaltro registratadaaltri diz. dial. della se-
condametàdell’Ottocento (soprattutto in formadi lo-
cuz.: cfr. imil.
avèdi grandaderenz
, piem.
avejed’ gran
aderensse
, berg.
igadi aderense
«avereattenenze, cioè
parentele, amici» [3]). Questa proposta, interessante
dal punto di vista semantico, non è del tutto convin-
cente: il lat.
ADHer
æ
nTIA
non sembra avere continua-
tori di carattere pop., nemmeno in area fr. [4]. Si po-
trebbeanchepensareaunaderiv. dal lat. *
HAer
æ
nTIA
‘possedimenti, proprietà’, alla stessa streguadegli sp.
herencia
, port.
herança
‘eredità’ [5] o, meglio ancora,
per la fonetica della voc. tonica, a un ipotetico *
He
-
reD
º
nTIA
(< lat.
Her
¶
De
‘erede’ [6]), attraverso una
trafila *
re-
/
radanza
da cui, permetatesi,
de-/daran-
za
, accettando come fondamentale il sensodi ‘connes-
sione parentelare’.
Bibl.: [1] L
urATI
-P
InAnA
214. [2] L
urATI
-P
InAnA
58. [3]C
HeruB
. 1.7, S
AnT
’A
LBInO
17, T
IrAB
. 57,M
ArA
-
gLIAnO
, Diz. 4. [4] FeW 1.30. [5] C
OrOMInAS
-
PASCuAL
3.344,345,S
ALVIOnI
-F
ArÉ
,Postille3977. [6]reW4115.
Ceccarelli
DArAVII (darav
y
) s.m. Farina di castagne
(Brissago, S. Abbondio); polenta preparata con
farinadi castagne (gamb.); farinatadi grano sa-
raceno (Lavertezzo); tipodi torta semplice (Bris-
sago).
Var.:
daravíd
(Caviano),
daravii
(Brissago),
dele-
víd
(gerragamb.),
deravíd
(S.Abbondio),
dravíd
(La-
vertezzo [1]).
Farinadederavíd
, farinaperpolentaopappe
(S. Abbondio). Oltre alla polenta, con questa fa-
rina si preparava anche un tipo di pane di mi-
stura (Brissago),
pan de deravíd
, pane di casta-
gne (S. Abbondio); aBrissago, in unione con un
po’ di mosto bollito se ne ricavava un dolciume
assai apprezzato dai ragazzi.
La voce è attestataanche inalcune parlate ossol.:
v.
dalavii
‘farinadi castagne’ (Crealla),
dalaví
‘polen-
tina scura fatta con la farina di grano saraceno, bur-
ro evino’ (Montecrestese [2]). –Si può ipotizzareuna
deriv. (in formadi part.pass.) dal lat. tardo
DeLAV
º
re
‘lavare’, concontinuatori it. sett. antichi fra iquali in-
teressa qui in particolare l’a.venez. (Panfilo)
delavar
‘far perdere di intensità, fare sbiancare, impallidire’
[3]: il significato di quest’ultimo fa immaginare un
possibile senso di ‘sciogliere, stemperare (in acqua)’
qualepuntodi partenzaper il term. del Loc. (si ricor-
di anche la stretta parentela etimologica fra i lat.
LAV
º
re
‘lavare, bagnare’ e
DILu
æ
re
‘sciogliere con un
liquido, stemperare’ [4]). Il cambio alla coniugazione
in -
Î
re
è frequente nei dialetti dell’area.
Bibl.: [1]V. ancheK
eLLer
,Beitr. 137. [2]S
AnTuS
86. [3] TLIO s.v.
dilavare
, DeLI
2
464, DeI 2.1302,
LeI 19.796-797. [4] V. DeLI
2
465 s.v.
diluire
.
Ceccarelli
DArBIA(dárb
-
a) s.f. 1.Pezzodi legnostaccato
dal tronco. –2.Cascino, stampoper il formaggio.
Var.:
dalbia
(circ. Carona, Ceresio),
darbia
(Ble.,
circ. giornico, Vira-Mezzovico, circ. Tesserete, Son-
vico,grancia),
darbie
(Breno),
dèrbia
(Ludiano, Pru-
giasco, circ. Olivone, circ. Faido).
1. Pezzodi legno staccatodal tronco conunoo
due colpi di scure (circ. giornico, circ. Faido).
2.Formadacacio (Ble., circ.Tesserete,Sonvico)
Lablèca cur int ul cranghín la sa smètt indla
dèrbia; a sa schisciaumpuupar fèegní fòul lacc
cr® e p® la sa smètt süla farsüraa scurèe
, il telo
condentro lapasta frescadel formaggio simette
nel cascino; si schiaccia un po’ per far uscire il
sierodi latteepoi lasi collocasullaspersolaasco-