Centro di dialettologia e di etnografia - page 24

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DeNeDAA
DeNeDAA
mettere a bruciare sul fuoco nell’imminenza del
Natale un grosso ceppo:
alsciücchdaDinadaa
(Moghegno),
oratizzadeDenedaa
(Arosio),
al
tizzúndaNatál
(Muggio). Legata com’èallapre-
senzadiuncamino, laconsuetudineèristrettadi
conseguenzaall’area in cui si ritrovaquestamo-
dalitàdiriscaldamento;conilsuoregresso,anche
questatradizione,chesimostravagiàprecariase
nonaddiritturaormai solounricordonellerisul-
tanze delle inchieste promosse dall’
Atlantedel
folcloresvizzero
neglianniTrentadelNovecento,
è ormai scomparsa [98]. In passato essa godeva
tuttaviadi notevole vitalità e la sceltadel ceppo
doveva essere accurata ed effettuata per tempo,
secondoprecisedirettivedettateavoltedalcapo-
famigliastesso, che inalcune localitàsioccupava
personalmentedellaricerca,dellaselezioneedel-
la sua conservazione in luogo sicuro:
lasirada
Denedaaulregiuualpizzavaulsciücchcheprima
danávíapalmundl’évapurtaaintebiaacu
l’ingiünziúndamignalassallpurtávíadanis-
s®gn
, laseradiNatale il capofamigliaaccendeva
il cioccocheprimadipartireper lastagione lavo-
rativaavevaportato insolaiocon l’ingiunzionedi
non lasciarlo portar via da nessuno (Ligornetto
[99]),
trüsciavainòstregióoaparegiáisciücónda
gòduldídifèstdananzalcaminón
, siarrabatta-
vano i nostri capifamiglia a preparare i grossi
ciocchi dagodersi il giornodella festadavanti al
grandecamino (Melide [100]).
Messo sul fuoco dal capofamiglia, il padre o il
nonno, la seradella vigilia – isolata e discordan-
teè l’annotazionesecondo cui aMendrisio losi po-
nevasul fuoco tregiorni primadiNatale, allorché
le campane iniziavano a suonare a
bragée
, cfr. il
par. 1.5.2.2. –, il ceppo, per lo più di quercia, do-
vevabruciare almeno fino al rientro dallamessa
dimezzanotte (Ligornetto [101]), finoal giornose-
guente o addirittura fino all’epifania (Castel S.
Pietro [102]); aViganello lo si toglievadal fuoco
prima che bruciasse interamente e ve lo si ri-
metteva a Capodanno come auspicio di prospe-
rità e felicità; inLombardia sene conservavano
gli avanzi finoall’anno successivo, come simbolo
e garanziadi continuità familiare [103].
Nellamentalitàpopolare latradizionedelcep-
po ha facilmente ispirato interpretazioni fanta-
stiche,secondo lequalisiritenevache ilcaloredel
suo fuoco servissea riscaldareGesùBambino,
ur
sciücchdaNatálparscaldáurBambín
(Maglia-
so);moltodiffusaerapure la convinzione chedu-
rante la notte laMadonna ne approfittasse per
farviasciugare ipannolinidel figlioappenanato.
A Ponte Capriasca, con chiari intenti apotro-
paici, i suoi resti venivano buttati sul tetto della
casa [104],aMoleno i carboni eranoraccolti emes-
si inunbarattolodi latta, postopoi sul davanzale
della finestraosuunosfiatatoiodellastalla, nella
convinzionecheavrebberoprotettogli animali da
malattiee incidenti; nelMendrisiotto,ma lapra-
ticaèbendiffusaanchealtrove, le sue ceneri era-
nosparsenei campi perpropiziarne la fertilità. In
quest’ottica, e in una particolare prospettiva di
personalizzazione del ceppo, si colloca anche la
preghierachegli venivarivolta:
sciücchsciücch,ta
benedissisciücch,fachest’annchevégngasían
tücc,inpasesantitá,principalméntalcappdacá
,
ciocco ciocco, ti benedico ciocco, fa che quest’anno
chearriva ci siano tutti, inpacee santità, soprat-
tutto il capofamiglia (Arogno).Lapreghiera trova
un interessanteparallelismoappena fuoridel con-
fine, nell’analogaebenpiùarticolata invocazione
di BustoArsizio: «si rallegri il ceppo, domani è il
giornodel pane, ogni graziadiDioentri inquesta
casa, ledonne facciano figliuoli, le capre capretti,
lepecoreagnelletti, abbondi il granoe la farina, e
si riempia la concadel vino» [105].
Inmolte località lombarde i suoi resti sono ri-
tenutiefficaci contro lagrandineemolto frequen-
temente vi si fa ricorso in alcune pratiche legate
all’allevamento dei bachi da seta, in passato im-
portanterisorsasussidiaria, tracciandocon i car-
boni dei segni sulle lettiere dove sono posti i ba-
chi (in alcuni luoghi con il carbone del ceppo si
traccia una croce perfino sulla porta di casa per
tener lontaniglispiritimaligni [106])oaccenden-
do conuna sua scheggia il fuoco nella bigattiera;
superstizione questa rilevata pure da Francesco
Cherubini nell’Ottocento per l’alto contadomila-
nese: «è tuttanecessitàchesia tenuta inserboal-
cunascheggia; equestaperabbruciarlane’ primi
fuochi che soglionsi fare più spesso in diservigio
che in servigio dei bachi da seta. L’abbruciar ta-
le scheggia allontanerà ogni sinistro; il non ab-
bruciarla tiraseco certezzadimillemali perquei
poveri bachi. Superstizione innocente in genere,
ma dannosa in ispecie; primamente perché acca-
rezza l’inerzianaturaledel villico; in secondo luo-
go perché il mal odore solito uscire da schegge
pertenuteaciocchiquasi sempreguastidaputre-
dini d’ogni genere, da larve d’insetti e da terro-
sitàdimalarazza,danneggiapositivamente iba-
chidaseta findallaprima loroetà» [107].Sempre
in Lombardia la sua cenere «serviva a tracciare
suimonti delle linee chedovevano costituireuno
sbarramentomagico per le volpi e altri animali
nocivi» [108].
Attorno al focolare si riuniva la sera della vi-
gilia tutta la famiglia chenell’attesadellamessa
dimezzanotte si intrattenevapregandoe conver-
sando:
quandelüsiveisciücchdifogorée,ipóre
vicccüntavendicanzóndecasiedisgrazzicapitée
1...,14,15,16,17,18,19,20,21,22,23 25,26,27,28,29,30,31,32,33,34,...68
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